I confini “interni” della professione

Di recente nel dibattito sulla professione di psicologo si discute molto di abusi professionali, conflitti metodologici, limiti e confini delle varie pratiche.

C’è tuttavia un aspetto che non viene considerato in modo esplicito, anche se è espresso in modo molto chiaro e preciso nel codice deontologico.

L’articolo 4, infatti, ci ricorda che lo psicologo si deve astenere dall’imporre il suo sistema di valori, mentre il 5 lo obbliga a riconoscere i limiti della propria competenza e a usare metodologie delle quali è in grado di indicare le fonti e riferimenti scientifici.

Nella realtà pratica, però, questi doveri professionali subiscono numerose interpretazioni e distorsioni.

All’interno della stessa psicologia vi sono infatti molti terapeuti che praticano terapie alternative o utilizzano metodologie che di scientifico e deontologico hanno ben poco.

 

Nel nostro paese la cultura scientifica e la metodologia di ricerca, purtroppo, non godono di stima diffusa. “Scientifico” è un termine che disturba gli operatori alternativi del benessere da momento che richiede la verifica dei risultati.

E’ inoltre frequente ascoltare commenti sulla “freddezza” della scienza nel rapporto con i pazienti, quando, in realtà, il calore o la freddezza della relazione terapeutica non dipendono dal metodo scientifico utilizzato, ma dal carattere e dall’attitudine del professionista.

La tutela delle persone che si rivolgono ad uno psicologo-psicoterapeuta infatti parte proprio dall’impostazione clinica e scientifica usata dal professionista, che si traduce poi in una relazione empatica grazie alle caratteristiche umane dello stesso professionista.

E’ pertanto forse necessario tradurre in qualcosa di più concreto quello che il codice deontologico impone. Gli Ordini, così come il Cnop, potrebbero chiarire meglio il concetto di “scientificità clinica”, al fine di rendere inequivocabile il limite della nostra professione e tutelare l’utenza da professionisti psicologi che usano metodi vaghi e spiritualistici.

Esistono enti di formazione riconosciuti in tempi remoti dal MIUR che utilizzano costrutti come il sé superiore-spirituale oppure l’energia in senso spirituale-curativo.. concetti che non sembrano molto coerenti con l’articolo 4 e 5 del codice deontologico.

Numerosi psicologi, utilizzano pratiche spirituali che sostengono di lavorare sul “campo morfogenetico” la cui esistenza, però, la fisica smentisce. Gli stessi potrebbero invece utilizzare i metodi e i costrutti clinici dell’indirizzo sistemico-familiare, che sono più rigorosi e privi di quelle credenze magiche che inducono il paziente a ritenere vero un sistema insondabile.

Molti altri colleghi mescolano teorie di naturopatia e le credenze energetico-olistiche con alcuni assunti della psicologia gestaltica. Abbiamo visto proliferare seminari con gli “psico-tarocchi”, le ”energie curative”, le terapie “vibrazionali”, “la psicogenealogia”, “l’olosomatica” ecc… Queste teorie hanno il vantaggio di essere accattivanti, affascinanti, semplicistiche e quindi facilmente comunicabili alle persone, ma proprio per questo uno psicologo dovrebbe ponderare ed evitare l’uso improprio di questi concetti e delle distorsioni cognitive che queste teorie hanno al loro interno.

 

E’ massima libertà di ciascun cittadino, psicologo o meno, scegliere ciò in cui credere, utilizzare per se stesso tecniche diverse o far parte di gruppi spirituali-energetici.

Ma è dovere dello psicologo non trasportare ciecamente il suo sistema di credenze nel lavoro clinico di cura e prevenzione.

Probabilmente una presa di posizione netta potrà creare malumore tra gli iscritti agli Ordini, i quali però, se desiderano utilizzare tecniche prive di validazione scientifica e lontane dai metodi rigorosi della ricerca clinica, potranno trasferirsi facilmente all’interno delle nuove professioni riconosciute dalla legge 04/2013.

 

La diffusione di criteri seri e specifici per riconoscere un professionista psicologo-psicoterapeuta dovrebbe partire dai limiti e dai confini concreti che la nostra professione sceglie di darsi, questo a tutela della salute della cittadinanza.

 

Nicole Adami

Psicologa