Carriera Alias: una luce in fondo al tunnel

Esattamente un anno fa abbiamo raccontato della formale richiesta fatta dai 7 Ordini a guida AltraPsicologia (Abruzzo, Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Marche, Sicilia e Veneto) al CNOP di inserire un punto all’ordine del giorno in merito alla possibilità per le persone trans e non binarie di essere trovate sull’albo con il proprio profilo alias. (Link)

Consapevoli dell’impossibilità di intervenire a livello regionale, poiché l’Albo degli Psicologi è unico, abbiamo portato la richiesta a livello nazionale per decidere insieme come procedere nel rispetto delle condizioni della singola persona.

Abbiamo portato una richiesta e anche una possibile soluzione, ovvero la possibilità di mantenere nell’albo ufficiale i dati obbligatori anagrafici dellǝ professionista, e inserire un’interfaccia pubblica (simile all’albo online visibile sui siti degli Ordini) il nome ALIAS individuato e scelto dalla persona.
Così da rispettare sia la normativa, che richiede certezza dei dati a tutela dell’utenza, che l’identità di genere e la privacy dellǝ collega.

Il CNOP ha preso in carico la questione dando mandato al Comitato Pari Opportunità di occuparsene cercando possibili soluzioni.

Ora finalmente, dopo un anno, pare si sia arrivati ad individuare una possibile soluzione, che è in sostanza la stessa che avevamo prospettato.

Raccolti i pareri di avvocatɜ e giuristɜ con pluriennale esperienza nel campo dei diritti delle persone lgbt+ per esplorare tutte le fattispecie coinvolte nella questione (es. la tutela della privacy) viene confermata la possibilità di creare un elenco pubblico on-line parallelo all’albo dove riportare un nome differente da quello sui documenti, anche se, e in questo la coperta è un po’ corta – sembra sia indispensabile avere sia una scheda con i dati anagrafici che una scheda con il nome scelto, entrambe presenti nell’elenco online e quindi consultabili da chiunque.

È una soluzione ottimale? Per i soggetti coinvolti probabilmente no.
Ma è un primo importante, fondamentale passo, se, come si spera, si arriverà alla fine a adottare un regolamento.

Di questo ulteriore passaggio si occuperà la commissione giuridica del CNOP.
Se non si impiegherà un ulteriore anno, saremo la prima categoria professionale in Italia a permettere l’uso di un’identità alias.

Se avremo questo primato saremo orgogliosi, come AltraPsicologia, di aver sollevato il problema e aver proposto già la possibile soluzione.




Comunicato SPI: una riflessione sui generis

Alcuni giorni fa il presidente della Società Psicoanalitica Italiana, Sarantis Thanopolus, spiazzando gran parte della comunità scientifica e professionale, ha inviato una lettera alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni paventando un uso improprio di farmaci con adolescenti con disforia di genere.

Dico spiazzando perché è alquanto improprio che una discussione, legittima sul piano scientifico come se ne conduce su tante condizioni di interesse psicologico, si sposti con un volo così pindarico sul piano politico.
Ed infatti a tale lettera sono seguite immediate prese di posizione di opposto parere, di diverse società scientifiche e associazioni.

Noi stessi abbiamo avuto un primo “moto emotivo” che ci spingeva a dire velocemente qualcosa.
Ma saremmo caduti forse in una dinamica di collettivo acting out, in cui ci si esprime più con la pancia che con la ragione.
Laddove invece adolescenti sofferenti, famiglie confuse, cittadinanza acerba sul tema, chiedono al mondo scientifico e professionale di essere un faro che chiarisce la strada, non un’arena da cui uscire pieni di lividi.

Il tema del blocco farmacologico della pubertà è uno di quei grandi interrogativi che la scienza pone all’etica: come la procreazione assistita, l’eutanasia, la selezione genetica.

Temi che vanno maneggiati con cura aiutando le persone a capire, calibrando il linguaggio in base a chi lo riceve, senza allarmismi e senza ideologie.

Non condividiamo il tono e il contenuto della lettera del dr. Thanopolus ma prendiamo spunto dall’ultima frase: è importante avviare rigorose discussioni scientifiche.
Come Altrapsicologia diamo il nostro contributo a partire da questo approfondimento di Paola Biondi

 

Cosa si intende per identità di genere?
Qualunque persona ha un’identità sessuale unica, generalmente stabile nel tempo ma in dinamica evoluzione.
L’identità di genere è solo una delle componenti dell’identità sessuale, che è molto più articolata, sfumata, complessa di quanto si possa credere.
L’identità di genere è la percezione di sé come appartenente ad un genere, a più di uno, a nessuno.
In un sistema binario si fa riferimento solo ai generi maschile e femminile: ragazzo-ragazza, uomo-donna e la scelta ricade su uno dei due. È la condizione della quasi totalità della popolazione di questo pianeta.
Se si assume la cornice di un sistema NON binario le possibilità di identificarsi in un genere diverso da uomo/donna si ampliano e si estendono.
Ci sono persone che si identificano in entrambi i generi binari e si definiscono per es. genderfluid, genderqueer, ecc. Oscillano cioè tra un genere e l’altro, con o senza preferenza per uno dei due, senza alcuna difficoltà.
Ci sono persone che si definiscono non binarie proprio perché non si riconoscono nella dualità obbligatoria del sistema binario, sentono di non essere né uomo né donna, perché i concetti stessi di uomo/maschile/ecc (o viceversa) non li rappresentano o lo fanno solo in parte.
Ci sono persone nell’universo enby (da NB -non binary), per esempio, che non si riconoscono in nessun genere (agender) o in due generi (bigender).
Non tutte le persone che percepiscono un’incongruenza di genere stanno male. Alcune stanno male nei contesti sociali (quindi relativamente a come si relazionano le altre persone, all’uso di un nome non rappresentativo, all’essere scambiate per appartenenti al genere assegnato alla nascita in cui non ci si riconosce), altre stanno molto male per ciò che attiene al proprio corpo, ai propri genitali, alla presenza o assenza di caratteri sessuali primari o secondari.
In quest’ultimo caso parliamo di disforia di genere, condizione non patologica di rilevanza clinica.
Ancora più corretto sarebbe usare solo il termine Incongruenza di genere, con o senza disagio.
Per inciso tale termine nell’ICD-11 (in vigore da gennaio 2022) è stato spostato dal capitolo “Disturbi mentali e del comportamento” nel capitolo “Condizioni relative alla salute sessuale”.
Dopo questa premessa, necessaria per inquadrare il tema, rispetto a quanto asserito nella ormai nota lettera di Sarantis Thanopulos alla premier Giorgia Meloni, ritengo doveroso precisare:

1. È un errore scrivere che la disforia di genere sia il non riconoscersi nel proprio sesso biologico.
Se una persona non si riconosce nel sesso e nel genere assegnato alla nascita (locuzione corretta e preferibile a ‘sesso biologico’) si parla di condizione transgender, perché opposta alla condizione cisgender in cui una persona si riconosce nel sesso e nel genere assegnato alla nascita.
Se parliamo di età evolutiva questa condizione viene identificata come varianza di genere, incongruenza di genere, sviluppo atipico dell’identità di genere (AGIO), gender creative, gender non conforming, genere disarmonico.
La disforia di genere, come scritto in introduzione, è una condizione di disagio e sofferenza profonda dovuta alla propria condizione di varianza di genere, ma non è necessariamente presente e può avere un’intensità differente per ogni persona.

2. Il mittente scrive che “La diagnosi di “disforia di genere” (scritta tra virgolette e non capisco perché) in età prepuberale è basata sulle affermazioni dei soggetti interessati e non può essere oggetto di un’attenta valutazione finché lo sviluppo dell’identità sessuale è ancora in corso”.
Ma tutto il processo diagnostico, l’intero lavoro di consulenza e di terapia, di qualunque condizione, non si basa sui contenuti e le autovalutazioni dei sintomi che le persone ci esprimono?
La psicoanalisi stessa, madre della terapia della parola, fonda la sua tecnica sulle libere associazioni (quindi parole pronunciate da pazienti in base al proprio vissuto).
Quando possiamo dire completo lo sviluppo dell’identità sessuale? Quando i genitali hanno assunto la forma “adulta” che ci si aspetta?
E per le persone intersex che hanno genitali ambigui come funziona? Possiamo dire che sia completa quando l’orientamento sessuale è definitivo?
Ma lo è veramente o lo è sempre o magari cambia solo la propria consapevolezza di esso?
Le linee guida internazionali (SOC8 per chi volesse approfondire il tema) ci dicono che la valutazione viene fatta da professionist3 in équipe multidisciplinare, ovviamente sulla base di autoaffermazioni come in ogni altra valutazione, ma non solo su queste.
Sappiamo anche che l’accesso ai bloccanti ipotalamici (GnRH) viene dato solo dopo accurata selezione e valutazione in base – non solo alle linee guida internazionali e nazionali – ma alla determina AIFA n.  21756/2019, approvata dal Comitato Nazionale di Bioetica il 13 luglio 2018.
Stesso documento che riporta le condizioni stringenti e inevitabili che consentono a pochissime persone in possesso dei requisiti richiesti di utilizzare questo tipo di farmaco (triptorelina), già usato da anni per le condizioni di pubertà precoce.
Al contrario di queste, in cui i soggetti coinvolti sono molto piccoli (prima degli 8 anni nelle persone assegnate femmine alla nascita, prima dei 9 anni per le persone assegnate maschi alla nascita), nel caso di disforia di genere si parla del raggiungimento – come minimo – dello stadio di sviluppo puberale Tanner 2 (ingrossamento di scroto e testicoli, nascita di peli lunghi arricciati alla base del pene, leggero ingrossamento di mammelle e papille, areola più larga, peli lunghi soprattutto sulle grandi labbra). Di fatto quando la pubertà è già iniziata.
Se la triptorelina può essere usata per bambini/e cisgender che sviluppano troppo presto, perché metterla in discussione per adolescenti con disforia di genere?
Se danni, effetti collaterali, conseguenze psicologiche si temono per i secondi, perché non vi è lo stesso allarme per i primi?
A fronte di un rischio suicidario spesso elevato, sospendere la pubertà è l’unico modo per tamponare la sofferenza.
Se è vero che lo sviluppo psicosessuale e corporeo assume un ruolo rilevante e indispensabile nella stessa costruzione identitaria, lo è a maggior ragione quando la sofferenza per la disforia è tale da rendere impossibile vivere il corpo anche nelle esperienze più comuni come lavarsi, toccarsi, vestirsi.

3. Si riporta che ‘Solo una parte minoritaria dei ragazzi che dichiarano di non identificarsi con il loro sesso conferma questa posizione nell’adolescenza, dopo la pubertà’.
Sappiamo bene che comportamenti gender variant nell’infanzia non sono necessariamente indicatori di disforia di genere associata, né predittori precoci di un’identità transgender in età adulta (Drummond, al., 2008), ma non si comprende cosa si voglia implicare concretamente con questa affermazione. Le condizioni di malessere vissute dalle minoranze vanno prese meno in considerazione di quelle vissute dalla “maggioranza”?

4. Nella missiva si lascia intuire che bloccare la pubertà nei casi di dichiarata disforia di genere (sempre tra virgolette) possa influenzare l’orientamento sessuale. Come se un corpo a cui viene impedito uno sviluppo fisiologico possa – per effetto della sospensione puberale – prendere una via differente.
Gli ultimi 40 anni di ricerca sui temi dell’identità sessuale non dicono questo.

5. Per concludere, ciò che viene chiamato “sperimentazione in atto”, ovvero l’uso della triptorelina per minorenni con disforia di genere (quindi off label), è stato approvato, come abbiamo visto, dalla Determina AIFA (n. 21756/2019), ha avuto parere favore da Comitato Nazionale di Bioetica (CNB) in data 13 luglio 2018 ed è utilizzato frequentemente nella pratica clinica a livello internazionale.

Riprendendo la chiosa di Thanopulus, è importante continuare una rigorosa discussione scientifica, come già la comunità internazionale fa da decenni, a cui l’autore stesso è invitato a partecipare, visto che sembra non essere al corrente di quanto la ricerca a livello mondiale ha studiato, evidenziato, promosso, sperimentato, e porta avanti nei centri clinici più importanti nel mondo sull’incongruenza di genere. 




Omotransfobia: bastano 7 parole per l’uguaglianza

Mentre l’ONU (ripeto l’ONU, non pizza e fichi) richiede lo stop globale delle terapie riparative, sia nei casi di omosessualità che di disforia di genere, i vescovi della chiesa cattolico-romana giocano a dadi sulla pelle delle persone LGBT+.

In queste settimane intervengono nel dibattito politico ponendo un veto all’approvazione alla Camera della proposta di legge contro l’omobilesbotransfobia che porta il nome del deputato Zan.

La proposta racchiude le altre 4 (Boldrini, Scalfarotto, Perantoni e Bartolozzi) e prevede la possibilità di estendere i privilegi che hanno già persone credenti e vescovi nel caso di discriminazione per religione.

Mi spiego meglio. Già oggi, a seguito della modifica degli articoli 604-bis e 604-ter del Codice penale (modifica dovuta al decreto legislativo 21/2018) questi sono rubricati come “Delitti contro l’uguaglianza”.

Cosa dicono questi articoli?

Art. 604 bis Codice Penale – Propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa

Senza citare l’intero capo, in soldoni, chi propaganda idee fondate sulla superiorità o commette atti di discriminazione o istiga a compierli, per motivi religiosi, è punito con la reclusione fino ad un anno e sei mesi (o 6000 euro di multa).

Cioè se una persona qualunque, anche lgbt+, incita alla discriminazione di persone appartenenti a credo religiosi (ancora di più se “gestori” di culto) magari affermando che la natura dell’umanità è l’ateismo ed essere credente è un abominio o che i pastafariani non possono essere assunti come insegnanti nelle scuole, può rischiare la galera.

Se una persona religiosa (quindi anche i vescovi di cui sopra) afferma che la natura dell’umanità è l’eterosessualità o l’essere cisgender e che – al contrario – essere gay/lesbica/trans è abominio, non solo non compie reato, ma se per caso parte un pugno mica è omotransfobia, è solo che mi stava antipatico.

E’ un po’ come dire che uccidere una donna in quanto donna non è femminicidio, ma omicidio come qualunque altro, a caso.

L’articolo 604 bis vieta anche “ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Chi partecipa a tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, o presta assistenza alla loro attivita’, e’ punito, per il solo fatto della partecipazione o dell’assistenza, con la reclusione da sei mesi a quattro anni.”

Te capì?

L’art. 604-ter del Codice penale parla invece di aggravante generica nei casi di reati punibili con pena diversa da quella dell’ergastolo commessi per finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso. E le attenuanti non possono essere considerate equivalenti o superiori.

La soluzione in parole

Basterebbe solo aggiungere in questi due articoli la specifica relativa a motivi di orientamento sessuale e identità di genere. Quante parole sono? Compresa la particella “di” e la congiunzione in totale 7.

7 parole in più per tutelare le persone LGBT+ allo stesso modo di come la modifica di cui ho parlato sopra tutela le vittime di discriminazione razziale, etnica, nazionale o religiosa.

 Basterebbe quindi solo questo per migliorare la condizione e la salute psicologica delle persone LGBT+?
Forse no, ma di sicuro – e in questo la letteratura scientifica ci fornisce ampi spazi di approfondimento – la possibilità di estendere diritti di poche persone a tutte le persone, riduce drasticamente problematiche psicologiche quali ansia, depressione, attacchi di panico, abuso di sostanze, condotte suicidarie.

Infatti, generalmente maggiore è la percezione del rifiuto sociale, maggiori saranno le sensibilità all’ambiente, il livello di vigilanza per la paura di essere identificato come gay o lesbica, il ricorso a strategie difensive inadeguate.

Sui fattori protettivi nel caso di discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere, sappiamo già che un contesto accogliente e tutelante, la percezione di essere considerati al pari della maggioranza, la possibilità di fare coming out senza ritorsioni o violenze, riduce i livelli di minority stress e di omofobia interiorizzata. La legge sui matrimoni omosessuali nel 2003 in Massachusettes è un esempio classico di come la sola estensione di un diritto prima riservato alle persone eterosessuali, non necessariamente utilizzato, ha fatto rilevare una riduzione notevole di accessi al pronto soccorso per gli effetti dello stigma sessuale [(v. King M. e Bartlett A. (2005)]

Convertire (è proprio il caso di dirlo!) un privilegio in diritto, con sole 7 parole, è veramente un’opportunità unica che darebbe respiro e serenità a migliaia di persone oggi considerate – senza alcun reale e valido motivo – di serie B. A pensarci bene forse di serie Promozione.




La Guida Arcobaleno presente al World Pride di New York

Abbiamo creduto tanto in questo progetto, ma non avremmo mai immaginato che avremmo potuto presentare la nostra Guida Arcobaleno durante gli eventi del World Pride 2019 di New York!

Durante il suo ultimo viaggio a NY il nostro Bernardo Paoli ha contattato Amanda Younger (eccoli qui sotto nella foto), una delle organizzatrici della Human Rights Conference che si terrà oggi e domani in occasione del 50° anniversario dei moti di Stonewall (non sai cosa sono? Corri subito ad informarti qui).

Dopo l’incontro Bernardo le ha inviato una email proponendo di organizzare un evento per la comunità italiana nel periodo del World Pride di NY.

Bernardo Paoli scrive ad Amanda Younger

Dopo un folto scambio di comunicazioni con Amanda e nel gruppo che si occupa della Guida Arcobaleno abbiamo individuato in Francesca Andronico, staff di AP Lazio, la persona che avrebbe portato la voce di AltraPsicologia oltre oceano partecipando alla Human Rights Conference con un intervento sullo status quo dei diritti e discriminazioni in Italia per le persone LGBT+.

Francesca Andronico al NY Pride

AltraPsicologia sin dalla sua nascita ha creduto fortemente – e l’ha dichiarato in ogni occasione pubblicamente – nella necessità di lottare insieme per i diritti delle persone LGBT+, promuovendo iniziative contro le terapie riparative, eventi informativi e formativi, aderendo ad alcuni Pride regionali.

Un grazie enorme a Francesca per la sua disponibilità a presentare la Guida Arcobaleno al NY Pride e un invito a comprarla per diffondere una cultura dell’inclusione e aiutarci – con la quota che curatore e curatrici devolveranno ad AP – a proporre nuove iniziative a favore delle persone LGBT+




La Guida Arcobaleno per colorare il mondo

Che strano titolo. Che significa “colorare il mondo”? E perché mai una Guida (sarà un libro?) potrebbe mai farlo? E perché bisognerebbe farlo?

Bene, spiegherò subito di cosa si tratta e che c’entra AltraPsicologia.

L’odio che uccide  

Sicuramente avrai sentito parlare di omotransfobia, di bullismo omotransfobico, di derisioni, battutine, aggressioni, ecc. nei confronti di persone (spesso molto giovani) gay, lesbiche, transgender o semplicemente che non si riconoscono nella maggioranza.

E avrai anche sentito parlare, o avrai letto, di come questo clima denigratorio e di immotivato disprezzo ha portato alcuni e alcune a farla finita. Sì, a suicidarsi.

Tra queste persone c’è anche – purtroppo – un nostro amico. Ed è stata la sua morte a spingere Bernardo (Paoli) a pensare che era arrivato il momento di fare qualcosa, di provare a rispondere ai millemila interrogativi – soprattutto di ragazzi e ragazze in età scolare – sulla loro personalissima realtà e vissuto. Come una piccola soluzione ad un grande problema, che spesso funziona alla grande.

Perché una Guida Arcobaleno?

Come far passare il messaggio che non sei sbagliato/a tu, ma chi ti fa sentire diverso/a?

In che modo possiamo, come professionisti della salute, aiutare le persone che sono rifiutate, prese in giro, aggredite solo perché vogliono vivere quello che sono e che sentono dentro?

Un libro, ecco. Un libro può essere la risposta, anzi tante risposte. Circa 150 e da oltre 60 professionisti (psicologi/ghe, ma non solo) che conoscono bene l’argomento dal punto di vista culturale, sociale, clinico, statistico, medico, politico, educativo.

Da un’idea alla progettazione del libro è giusto un saltino…
Bernardo – da poco nel gruppo di AP Piemonte – esprime questo suo desiderio ed è Marzia (Cikada) la prima a credere che sia una bella idea e a spingerlo in questa direzione.

Uno + uno sono già due a crederci veramente. Troppo pochi però. Allora coinvolgere qualcun altro/a può essere d’aiuto. Eccomi arrivare in qualità di responsabile Area LGBT di AltraPsicologia, e accogliere la proposta del coordinamento scientifico per selezionare le domande – tutte vere e raccolte in istituti scolastici e luoghi di aggregazione giovanile – e gli esperti e le esperte di una lista infinita di nomi.

Servono altre mani e menti brillanti: è il turno di Alice (Ghisoni) che si unisce alla banda con entusiasmo e curiosità e di Derek Lomasto che dà vita, con le sue vignette, agli infiniti discorsi fatti all’interno del gruppo sulle tematiche, sulle proposte, sulle sezioni del libro, sulle idee che macinano km.

La Guida – ovviamente Arcobaleno – prende forma. Bernardo, instancabile mediatore e spingitore di spingitori, sollecita gruppo e autori/trici a rispettare scadenze, tempi, impegni e nuove possibilità.

Come l’incontro al Senato con la senatrice Monica Cirinnà, da subito entusiasta fan della nostra Guida e il senatore Sergio Lo Giudice che appoggiano l’iniziativa ritenendola molto utile e facilmente fruibile da chiunque: genitori, insegnanti, educatori, giovani e meno giovani, professionisti e persone interessate alle tematiche lgbt+.

Il Senatore Sergio Lo Giudice e la Senatrice Monica Cirinnà insieme al team di AltraPsicologia

Il tempo vola e passano quasi due anni prima di riuscire a chiudere un contratto con la Casa Editrice Golem, dall’inizio disponibile a pubblicare il nostro lavoro.

Come rendere la Guida concretamente utile?

Di sicuro la Guida Arcobaleno per come è stata scritta e divisa per argomenti è già utile. Ma volevamo che fungesse da onda per coinvolgere più persone possibili e soprattutto per responsabilizzarle in prima persona.

AltraPsicologia, associazione nazionale attiva per la tutela dei diritti delle persone LGBT+ dalle sue origini e dalla parte della scienza sempre, accetta di investire in progetti LGBT+ gli introiti derivanti dalla vendita del libro (che ricordo è di Altra Psicologia a tutti gli effetti).

Il curatore (Bernardo Paoli) e le curatrici (Alice Ghisoni e Marzia Cikada) hanno scelto infatti di devolvere ad AP quanto spetterebbe a loro, a patto che ogni singolo euro derivante dalla vendita della Guida Arcobaleno sia destinato ESCLUSIVAMENTE a progetti su omosessualità, transgenderismo, terapia riparative, omotransfobia, coming out, ecc.


Compralo ora!

in modo da sostenere AltraPsicologia nella realizzazione di quello in cui ha sempre creduto, dichiarandolo pubblicamente.

Bene, bella cosa. Ma dove trovo la Guida Arcobaleno?

Intanto sarà presentata ufficialmente il 17 maggio (la giornata internazionale contro l’omotransfobia) a Torino al Circolo dei Lettori, alle ore 21, e sarà possibile seguire la diretta Live sui canali social di AltraPsicologia.

Già da oggi (5 maggio) è possibile acquistarla in pre-ordine su Amazon ad un costo di 15 euro.

SOLO per la giornata del 17 maggio sarà possibile scaricare l’ebook gratuitamente dal sito di Amazon, ma in questo caso NON riceveremo neanche un centesimo per realizzare i progetti che abbiamo in mente.

Questo è quanto. Personalmente sono orgogliosissima di questo lavoro (e ringrazio pubblicamente tutto il gruppo che ci ha messo impegno, ore di sonno e sacrifici) e sono particolarmente emozionata. Per il mio amico lassù, per le tante persone che mi hanno affidato (nella vita privata e professionale) le loro sofferenze e paure, per tutte quelle che potranno prendere una boccata d’aria leggendo la Guida e realizzando finalmente che vanno bene esattamente come sono.