Ordine Calabria – “Repubblica Indipendente?”

Ci risiamo. A pochi giorni dall’ultimo aggiornamento, torniamo, sempre più increduli, a riportare alcune notizie salienti dal Consiglio dell’Ordine degli Psicologi della Calabria.

I temi centrali? La nostra Legge Istitutiva e il nostro Codice Deontologico. Argomenti non da poco che all’indomani dell’ultimo Consiglio ci appaiono sempre più interpretabili e sempre più sullo sfondo.

MA VENIAMO AI FATTI

Con la Delibera Presidenziale n.8, ratificata col voto della maggioranza del Consiglio, venerdì 27 novembre viene concesso il beneficio della rateizzazione ai Colleghi morosi per più di due anni, senza provvedere alla contestuale sospensione come previsto dall’art. 26, comma 2, L.56/89.

COSA PREVEDE INVECE LA DELIBERA IN OGGETTO?

Come detto si concede la rateizzazione per i contributi pregressi non versati per almeno due annualità. L’ammontare complessivo del debito dovrà essere pagato in rate bimestrali di importo pari alla quota di iscrizione. In caso di mancato versamento di una rata il debitore decadrà dal beneficio della rateizzazione e l’intero importo non versato sarà riscosso in unica soluzione, anche mediante l’attivazione delle procedure per la riscossione coattiva di quanto dovuto, ferma restando la possibilità di avviare il procedimento previsto dall’Ordinamento della professione degli Psicologi per i casi di mancato versamento delle quote.

La possibilità appunto! Peccato che la legge preveda tutt’altro. Bene la rateizzazione, senza dubbio un intervento condivisibile considerato il periodo storico, ma le procedure di sospensione vanno avviate immediatamente.

INTERVENIRE SUBITO! (…O FORSE NO)

A maggio di quest’anno, a seguito dell’approvazione del bilancio consuntivo 2019, venivamo a conoscenza di una situazione a dir poco preoccupante riguardante i crediti verso gli iscritti: più di 200.000 euro! Una grave inadempienza lasciata in eredità dalle vecchie amministrazioni dell’Ordine regionale. Quasi 300 iscritti con una situazione debitoria dai 2 ai 10 anni di morosità.

Lo stesso Segretario in carica sottolineava l’urgenza di affrontare il problema dei morosi nel più breve tempo possibile, soffermandosi inoltre sull’importante criticità dei Colleghi inadempienti che nel frattempo hanno continuato ad esercitare la professione, a ricoprire incarichi o a partecipare a concorsi pubblici quando invece dovevano essere sospesi già da diversi anni.

A giugno di quest’anno, tutto il Consiglio, deliberava di procedere all’invio delle lettere di sollecito, fissando al 31 ottobre 2020 la data per regolarizzare le posizioni, pena la sospensione dall’esercizio della professione e molti colleghi, COME LA LEGGE PREVEDE, sistemavano la propria situazione debitoria. In quell’occasione noi 7 Consiglieri di AltraPsicologia proponevamo a tutto il Consiglio di non applicare gli interessi legali e le spese vive per il recupero delle quote ai colleghi morosi, prima e unica nostra mozione approvata dal Consiglio. Insomma le cose sembravano cambiare…

CAMBIARE TUTTO PER NON CAMBIARE NIENTE

Ma c’è sempre tempo per fare un tuffo nel passato. Al Consiglio di venerdì 27 novembre ci aspettavamo di vedere all’ordine del giorno l’avvio delle procedure di sospensione per i colleghi che non hanno provveduto a regolarizzare la propria posizione e invece chi non ha pagato (anche per 10 anni) potrà rateizzare (condivisibile), ma nel frattempo non verrà sospeso, cosa che invece sarebbe dovuta avvenire già anni fa e che adesso pone il nostro Ordine in una grave situazione di inadempienza.

La delibera viene ratificata a maggioranza dal Consiglio, la stessa maggioranza espressione del gruppo che per 30 anni ha governato l’Ordine degli Psicologi della Calabria. Lo stesso gruppo politico che ha contribuito all’attuale situazione di grave inadempienza, non avviando alcuna procedura di sospensione negli ultimi 10 anni. Tra i favorevoli anche il Segretario in carica che a maggio si avvedeva di queste importanti criticità e che oggi sembra aver dimenticato in fretta. Insomma cambiano le facce, ma l’impostazione rimane la stessa e si persevera negli errori del passato.

La situazione delle morosità dal verbale del Consiglio del 22 luglio

 

“DEONTOLOGIA INDIPENDENTE”

Basta così? No, le “sorprese” non sono finite. In questi giorni diversi Colleghi si pongono la seguente domanda: “Per caso è cambiato il Codice Deontologico e non ne sapevamo nulla?”

Domanda legittima perchè al Consiglio del 27 novembre viene approvato dalla maggioranza un “Vademecum sul consenso informato sanitario in psicologia scolastica” in cui si specifica che:

Il consenso informato deve essere acquisito solo nei casi di trattamenti sanitari”  (punto 4);

‘Il consenso informato non deve essere acquisito nei casi di prestazioni professionali non sanitarie che comprendono: didattica e ricerca.’ (punto 5).

L’intento del vademecum, come spiegato sui canali di comunicazione dell’Ordine, dovrebbe essere quello di “chiarire ogni dubbio o ambiguità su normative e prassi vigenti per lo Psicologo che opera nel contesto scolastico a vario titolo”

Qui però, più che chiarire ogni dubbio, sembra si sia finiti per pasticciare su un foglio.

IL PASTICCIO

Andiamo per ordine. L’art. 3 del nostro Codice Deontologico, rientrante nel Capo I “Principi Generali”, ci dice che:  “Lo psicologo è consapevole della responsabilità sociale derivante dal fatto che, nell’esercizio professionale, può intervenire significativamente nella vita degli altri; pertanto deve prestare particolare attenzione ai fattori personali, sociali, organizzativi, finanziari e politici, al fine di evitare l’uso non appropriato della sua influenza (…)” chiarendo bene che lo psicologo in tutte le prestazioni professionali che conduce porta con sè una responsabilità sociale e deve essere quindi consapevole delle sue possibilità di incidere sulla vita altrui.

In virtù di questa importante responsabilità, lo psicologo

fornisce all’individuo, al gruppo, all’istituzione o alla comunità, siano essi utenti o committenti, informazioni adeguate e comprensibili circa le sue prestazioni, le finalità e le modalità delle stesse, nonché circa il grado e i limiti giuridici della riservatezza. Pertanto, opera in modo che chi ne ha diritto possa esprimere un consenso informato. Se la prestazione professionale ha carattere di continuità nel tempo, dovrà esserne indicata, ove possibile, la prevedibile durata” come sancito dall’art.24 del nostro Codice Deontologico.

Sempre nella cornice della responsabilità di poter incidere sulla vita altrui, il nostro codice tiene conto delle specificità che riguardano gli interventi sui minori e ci impone prudenza.

Le prestazioni professionali a persone minorenni o interdette sono, generalmente, subordinate al consenso di chi esercita sulle medesime la potestà genitoriale o la tutela. Lo psicologo che, in assenza del consenso di cui al precedente comma, giudichi necessario l’intervento professionale nonché l’assoluta riservatezza dello stesso, è tenuto ad informare l’Autorità Tutoria dell’instaurarsi della relazione professionale. Sono fatti salvi i casi in cui tali prestazioni avvengano su ordine dell’autorità legalmente competente o in strutture legislativamente preposte.” (Art.31 C.D.)

Senza dubbio il nostro codice deontologico, alla luce dell’inserimento dello psicologo tra le professioni sanitarie” (L.3/2018) andrebbe adeguato alle disposizioni in materia di consenso informato sanitario.

La legge 219/2017 “Norme in materia di consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento” prevede infatti il diritto alla valorizzazione delle capacità di comprensione e decisione della persona minore che deve ricevere informazioni sulle scelte relative alla propria salute in modo consono alle sue capacità per essere messa nelle condizioni di esprimere la sua volontà.

Ovviamente la stessa legge precisa che “(…) il consenso informato al trattamento sanitario del minore è espresso o rifutato dagli esercenti la responsabilità genitoriale o dal tutore tenendo conto della volontà della persona minore, in relazione alla sua età e al suo grado di maturità, e avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita del minore nel pieno rispetto della sua dignità” (Art.3, comma 2 L.219/2017)

Tornando però al nostro Codice Deontologico, l’art. 31 ci dice con molta chiarezza che le prestazioni dello psicologo nei confronti dei minori (di qualunque natura) prevedono l’acquisizione del consenso informato di chi esercita la responsabilità genitoriale o la tutela e al momento non ci sembra di rintracciare alcuna legge, alcuna disposizione, alcun regolamento che prevedano una distinzione tra le attività dello psicologo soggette ad un consenso informato e le attività che invece non lo sono; tantomeno sussiste in tal senso alcuna modifica al nostro Codice Deontologico.

Il Vademecum approvato venerdì 27 dal Consiglio dell’Ordine esplicita chiaramente che se le prestazioni non sono sanitarie, non siamo tenuti ad acquisire alcun consenso per prestazioni professionali che prevedono il coinvolgimento di minori (!) entrando a gamba tesa su quanto al momento previsto dal nostro Codice Deontologico.

A questo punto ci domandiamo se una simile disposizione non dovrebbe piuttosto passare dal vaglio attento del Consiglio Nazionale e della sua Commissione Deontologica per poi essere sottoposta all’istituto del referendum e soprattutto crediamo che la decisione del tutto arbitraria di operare una sorta di distinzione tra le prestazioni dello psicologo sottoposte a consenso e non, finirebbe per esporre i tanti colleghi e le tante colleghe iscritte all’Ordine degli Psicologi della Calabria a seri rischi deontologici e legali.

Ulteriori dubbi, perplessità e confusione piuttosto che “chiarimenti”. Per questi motivi abbiamo deciso di raccogliere il parere di alcuni componenti della Commissione Deontologica del CNOP

GABRIELE RAIMONDI – Presidente dell’Ordine degli Psicologi dell’Emilia Romagna

In questo “Vademecum” rintraccio criticità importanti che riguardano sia il processo che il contenuto.

Il nostro codice deontologico merita sicuramente una revisione, ma deve essere sistematica e nazionale.
Anche per questo, attualmente in Commissione Deontologica CNOP è attivo un costante confronto che mi auguro porterà a delle proposte di aggiornamento da sottoporre all’approvazione per referendum a tutti gli iscritti come la legge prevede.

E’ necessario rispettare i passaggi istituzionali, al fine di scongiurare l’effetto paradossale di complicare ulteriormente la situazione ed esporre gli iscritti ai nostri ordini a rischi evitabili.

Nel vademecum si eplicita che le prestazioni che non sarebbero soggette all’acquisizione del consenso riguardano sinteticamente gli ambiti della didattica e della ricerca, nonostante il nostro Codice Deontologico preveda chiaramente l’acquisizione di un consenso informato per le attività di ricerca (Art.9)

Non bisogna poi sottovalutare che l’ambito di intervento delle linee guida del vademecum riguarda il contesto della psicologia scolastica e quindi (anche e soprattutto) gli interventi sui minori, disciplinati dall’art. 31 del nostro Codice che fa riferimento a tutte le nostre prestazioni (siano esse sanitarie e non).

KATIA MARILUNGO – Presidente dell’Ordine degli Psicologi delle Marche

Alla luce delle linee guida presenti nel “vademecum”, ad oggi, uno psicologo operante in Calabria, tenuto a rispettare il Codice Deontologico (e quindi ad acquisire per qualsiasi prestazione il consenso informato), si ritrova con delle direttive del proprio Ordine che operano una distinzione tra prestazioni soggette al consenso e prestazioni che non lo sono, insomma un cortocircuito di non poco conto che rischia di esporre cittadini e professionisti a dei seri rischi.

 

DIBATTITO APERTO, MA RISPETTIAMO LE REGOLE

Insomma, questo vademecum ha di sicuro attirato molte “attenzioni”, magari favorendo l’approfondimento di alcuni aspetti riguardanti il nostro codice, l’acquisizione del consenso informato e il conseguente adeguamento ai diversi gradi di complessità delle nostre prestazioni. Dibattiti e approfondimenti non possono però essere innescati dall’aggiramento dei giusti contesti istituzionali, non si può pensare di superare il nostro codice e “legiferare” in maniera indipendente, il rischio è molto altro, per i cittadini e per gli iscritti.