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Sono di ritorno da un viaggio a Siracusa, dove ho potuto assistere ad una magnifica tragedia nel teatro greco: l’Agamennone.
Gli appassionati del mito sapranno che egli sacrificò la figlia Ifigenia e venne a sua volta ucciso dalla moglie Clitennestra.

Avere rapporti familiari “tesi” è d’altra parte fatto comune nella mitologia: pensiamo a Medea, a Kronos e decine di altri esempi.

La stessa insana dinamica familiare pare essersi destata ai tempi nostri ed in seno alla comunità professionale, laddove alcuni – ben specifici – padri putativi, in larga parte medici psichiatri, ma comunque riconosciuti tra gli psicologi come figure di riferimento per la propria storia clinica e l’attività didattica, si sarebbero trasformati in novelli Kronos pronti a divorare i figli.
Con motivazioni di superficie che, come loro stessi insegnano, non è però chiaro a cosa corrispondano nel profondo.

Veniamo ai fatti ormai di dominio pubblico:

(1) ENPAP ha indetto una nuova grande forma di assistenza, il bando “Borse Lavoro”, che assegna a 1000 psicologi, sia specializzati in psicoterapia che non, una borsa da 5000 euro, per svolgere interventi psicologico-clinici o psicoterapeutici rivolti a persone con disturbi d’ansia e/o depressione a diverso livello di gravità: sub-clinica, lieve o moderata. Il tutto, all’interno di un processo molto strutturato, trasparente e condiviso secondo buone prassi clinico-scientifiche di livello internazionale.

(2) La preparazione del Piano Diagnostico Terapeutico è stata affidata allo SCUP dell’Università di Padova, e la supervisione sulla sua realizzazione ad altre 15 università italiane che si sono rese disponibili. Il protocollo è stato ispirato alle linee guida NICE, all’esperienza inglese IAPT e ad altre esperienze Italia innovative, e alle raccomandazioni della recente Consensus Conference su ansia e depressione che ha visto la partecipazione di gran parte del mondo scientifico italiano e il patrocinio dell’Istituto Superiore di Sanità, che ne ha curato la pubblicazione.

(3) Questo processo rappresenta tutta la psicologia italiana? No, certamente. Ma intanto è fondato su indicazioni e buone pratiche adottate e validate da un corposo numero di figure e istituti di riferimento della comunità accademica e professionale, italiana e internazionale. Ed è frutto di un lungo e rigoroso processo elaborativo. Direi quindi che la base scientifica per il bando è molto solida.

(4) Accade però che una ben ristretta e ben specifica delegazione di un piccolo gruppo di scuole di psicoterapia di area cognitivo comportamentale reagisca con accese critiche al fatto che degli PSICOLOGI NON PSICOTERAPEUTI possano effettuare alcuni degli interventi previsti nel bando. Si arriva a sostenere – perfino contro la legge 56/89 – che uno psicologo non possa svolgere alcuna attività clinica o intervenire su disturbi psicologici. Gli psichiatri che guidano queste piccole delegazioni adducono la motivazione che gli psicologi – per il semplice fatto di prendere in carico clinicamente persone con sintomi, anche subclinici o lievi – svolgerebbero indebitamente interventi di psicoterapia.

(5) Pur ampiamente rassicurati del fatto che ogni professionista, psicologo o psicologo e psicoterapeuta, avrebbe svolto interventi solo nell’ambito delle proprie esplicite attribuzioni definite dalla legge 56/89 (sta scritto nel PDT, non è opinabile!), i delegati di cui sopra, imperterriti, si sono spinti prima a minacciare addirittura azioni legali contro ENPAP, e poi ad una grottesca azione di pressione lobbistica anche sul CNOP, con cui vorrebbero addirittura limitare le competenze professionali dello psicologo, imponendoci una modifica al nostro Codice Deontologico (prego, fate come se foste a casa vostra…!).

L’obbiettivo, pur ammantato di belle parole nobili, è in realtà molto semplice: togliere di fatto allo Psicologo le competenze attribuitegli dalla legge istitutiva della professione che, ricordiamo, afferma all’articolo 1:

“La professione di psicologo comprende l’uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità” (L.56/89).

Quindi lo psicologo fa diagnosi, fa sostegno, fa riabilitazione. Ovvero, clinica.
Non fa psicoterapia, per la quale è ovviamente necessaria una (fondamentale) specializzazione.

Ma, se non si fa psicoterapia, lo psicologo ha piena autonomia nell’ambito della clinica come configurata dalla Legge 56/89.

Ora, invece, affermano gli esimi delegati psichiatri e i loro collaboratori psicologi psicoterapeuti, che lo psicologo secondo il loro eminente parere non avrebbe competenze sufficienti nemmeno per incontrare una persona con lievi sintomi di ansia e depressione. Chissà se almeno gli può dire buongiorno se la incontra per strada, o serve almeno qualche mese di specializzazione anche per quello.

Fino al momento in cui questa grottesca e provocatoria querelle è rimasta contenuta dentro la comunità professionale, AltraPsicologia ha taciuto. Siamo abituati alla lotta politica anche aspra, non è un problema.

È però ora accaduto un fatto grave, che implica il desiderio di usare una lobby (che forse vorrebbe colpire politicamente ENPAP) per ucciderne invece i figli, tutti gli psicologi italiani.

E’ stato pubblicato un articolo spazzatura, che non cito per pudore, che pur di screditare il bando ENPAP fa affermare da “uno dei luminari italiani della categoria” (sempre uno psichiatra): “La specializzazione dura un quadriennio e aggiunge alla formazione di base sia di medico sia di psicologo, che non basta e non può bastare, conoscenze specifiche su diagnostica, capacità di valutazione differenziale, disegno e scelta di intervento.”

Affermazione gravissima, che mira a tornare agli anni ’80, togliendo addirittura allo psicologo la possibilità – prevista anche ex lege – di fare diagnosi!

E ancora: “Quando il cittadino va da uno psicoterapeuta … deve sapere che si sta rivolgendo a una persona che ha studiato in maniera appropriata, che può valutare se ha bisogno di una terapia e di un determinato tipo di trattamento: il paziente ha di fronte a sé una persona che se fosse un pilota d’aereo avrebbe centinaia di ore di volo alla spalle, non una persona improvvisata senza brevetto di volo.”

Avete letto bene: un professionista psicologo, equiparato in pubblico a persona improvvisata senza patente. Da un eminente psichiatra.

Articolo che di fatto supporta la posizione di altri capiscuola, in gran parte psichiatri, che evidentemente preferiscono mantenere in posizione di dipendenza con le proprie scuole gli psicologi, vincolandoli a non “poter fare nulla”.

Immaginate ora qualsiasi utente leggere questo, e accorgersi che sta portando il proprio figlio con disturbi di apprendimento e difficoltà di socializzazione da un “improvvisato”.
Immaginate l’utente che sta attraversando un lutto e si accorge che fino ad ora ha portato la propria sofferenza ad uno privo di brevetto.
Immaginate colui che porta il genitore con deterioramento cognitivo a fare riabilitazione da quello che gli viene rappresentato falsamente come un “clandestino della clinica”.

Un simile svilimento della categoria degli Psicologi non è ammissibile, punto.

Ora Altrapsicologia si aspetta che la Comunità vera degli Psicologi, e i suoi rappresentanti istituzionali, reagiscano a questo per difendere i propri iscritti.
Mi aspetto una reazione degli Ordini Regionali, del CNOP, delle diverse sigle della politica professionale.

O vogliamo dire francamente agli studenti delle università di cambiare facoltà, perché lo psicologo non esiste, la laurea in psicologia è carta straccia ed è solo un adempimento preliminare per iscriversi ad una scuola privata?

 

Ora, è tempo di scegliere: se stare con la Psicologia e gli Psicologi, o contribuire a mangiare i propri figli, per fare un favore a qualche lobby ben specifica.