Bonus psicologo, il tormentone dell’estate.

Il tanto atteso bonus psicologo ha raggiunto la prima fase operativa: la circolare INPS.

Ne dovranno seguire altre: la pubblicazione del form di domanda, la graduatoria, la fase operativa, l’erogazione dei soldi.

Ma la circolare INPS delinea già un oggetto politico interessante, denso di temi aperti.

Voglio premettere che l’iniziativa in sé va salutata come positiva: ai cittadini viene offerta, forse per la prima volta, un’agile possibilità di accesso alle cure psicologiche.

Tuttavia non si può non osservarne alcune evidenti criticità.

Un primo tema sono i criteri che devono possedere i cittadini beneficiari.

La circolare INPS, nella migliore tradizione, riprende fedelmente il dettato normativo.

Così fedelmente da creare un effetto quasi comico: possono accedere alla prestazione tutte “le persone in condizione di depressione, ansia, stress e fragilità psicologica, a causa dell’emergenza pandemica e della conseguente crisi socio-economica, che siano nella condizione di beneficiare di un percorso psicoterapeutico”.

Non basta volerlo.

Stando alla circolare INPS serve una diagnosi differenziale.

Se l’ansia ce l’avevi pure prima della pandemia, o alla visita di leva il tenente medico ti ha dichiarato un po’ fragile di nervi, il bonus non fa per te.

Non dovresti proprio chiederlo.

Altrimenti è falso in atto pubblico.

Ovviamente questo criterio di accesso è inapplicabile. Non ci sarà alcun filtro iniziale: chiunque farà domanda.

La questione è solo apparentemente secondaria, perché in teoria quando eroghi cure con risorse pubbliche dovresti stabilire – e rispettare – le condizioni di accesso. È uno dei cardini delle prestazioni sanitarie: l’appropriatezza. Serve per non sprecare soldi.

Altro tema è il numero dei beneficiari.

La circolare, fedele al dettato normativo, individua tre fasce di beneficio in base all’ISEE: 200, 400 e 600 euro.

Ma le graduatorie, che saranno regionali, saranno composte in base all’ISEE: arrivano prima i cittadini con ISEE più bassa.

Quindi arriveranno prima i bonus da 600 euro.

In caso di alto numero di domande, il numero di beneficiari sarà pari a 16.666 (10 milioni / 600 euro).

Un paziente ogni 4,3 psicologi, o meglio ogni 2 psicoterapeuti (più o meno), per un valore di 600 euro a paziente, incassati probabilmente a mesi di distanza dalla prestazione.

Non sembra un affare, visto dal lato della comunità professionale.

Già, la comunità professionale.

Perché sebbene il bonus sia dedicato ai cittadini, è la comunità degli psicologi ad essere in fibrillazione.

Chi perché ha pazienti in carico che già chiedono, chi perché immagina forse nuovi arrivi.

Ecco, mettiamocela via: sarà una lotteria riservata agli psicoterapeuti con il 50% di probabilità di aggiudicarsi un invio da 600 euro e 12 sedute.

Vista in termini brutalmente commerciali lato professionista, Groupon funziona meglio.

Ma questa non va letta come operazione commerciale. Nossignore.

Questa è un’importante azione sociale per permettere l’accesso alle prestazioni psicologiche. Va pesata per l’impatto che potrebbe avere sui cittadini.

E qui veniamo al terzo tema, l’impatto.

E allora vediamo che impatto potrebbe avere, paragonando l’operazione ad un’altra forma più canonica di offerta di prestazioni psicologiche con risorse pubbliche.

Prendiamo ad esempio il costo orario di uno specialista ambulatoriale, 28,71 euro.

Con gli stessi 10 milioni di euro si sarebbero potute attivare 348.432 ore di specialistica ambulatoriale contro le 200.000 ore del bonus, per dire.

Cioè 29.000 beneficiari invece che 16.666.

Tecnicamente potrebbe quindi essere un’operazione antieconomica.

Certo altre formule maggiormente incardinate nella rete dei servizi pubblici non avrebbero garantito la stessa fruibilità. Su questo i bonus, i voucher e tutte le forme più easy di offerta psicologica finanziata hanno un vantaggio competitivo.

Ma incardinare queste iniziative nella rete dei servizi avrebbe avuto il vantaggio di una maggiore strutturazione degli interventi e, forse, di maggiori opportunità di consolidamento. In questo modo si rischia seriamente l’one shot.

E questo introduce il quarto tema: la natura emergenziale.

Il bonus sembra dire: le prestazioni psicologiche che servono perché c’è la crisi, la pandemia.

E va bene che ormai c’è una crisi all’anno, che mancano solo i meteoriti.

Ma il messaggio per cui la psicologia interviene e serve quando c’è una crisi potrebbe implicare che in assenza di crisi non servirà più. One shot.

Per non essere one shot, al prossimo giro di finanziaria il parlamento in turno dovrà confermare il provvedimento.

Potrebbe essere, ovviamente.

Dipenderà anche dai risultati.

Ma quali risultati?

E questo è il quinto tema: la misurazione degli esiti.

Questa operazione non prevede nessuna misurazione di esito. Nessun saggio di soddisfazione. Nulla.

È un’operazione in cieco dall’inizio alla fine, perché non c’è un PDTA, un protocollo, indicazioni, misurazioni, nulla.

Una scatola nera da 10 milioni di euro.

Ovviamente i colleghi che erogheranno le prestazioni saranno ineccepibili, non c’è dubbio.

Ma non basta che ce lo diciamo da soli. I risultati per essere diffusi vanno misurati.

E qui non si potrà fare. Purtroppo l’operazione bonus è stata disegnata senza prevedere misurazioni.

Un’operazione di beneficenza a fondo perduto.

Un dado da 10 milioni di euro lanciato alla cieca.

Che va bene uguale, se il nostro paradigma è: ‘tutto fa brodo’.

Ma non va bene se aspiriamo a produrre valore in ambito psicologico per il Paese.