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La Consensus Conference Counseling per noi è finita. Altrapsicologia ritira i propri rappresentanti.

Avevamo deciso di partecipare, sia come associazione che con le istituzioni che governiamo. Speravamo davvero di raggiungere una volta per tutte un posizionamento condiviso e tutelante per tutti sul tema del counseling. Che tenesse conto della posizione di tutti.

Illusioni.

Fin da subito ci sono state avvisaglie negative.
Intanto la selezione degli invitati era tutto meno che ampia.

Non fu invitato l’ENPAP, ad esempio, che cura la vita professionale e pensionistica degli psicologi italiani.

Mentre erano ampiamente rappresentate associazioni private di counselor e colleghi psicologi con interessi nella loro formazione.

Non c’è nemmeno mai stato un pensiero sul coinvolgere gli psicologi italiani, chiedendo loro cosa ne pensino del variegato mondo del counseling.

Parliamone, degli psicologi.

Il loro massimo organo di rappresentanza, il CNOP, si presta ad avvallare e finanziare un ritrovo di persone tutt’altro che rappresentative, impegnate a capire come infilare una platea indefinita di attori senza laurea nella grande famiglia delle professioni di aiuto, senza annoiarli con un fastidioso percorso di studi specifici e un Esame di Stato dal nostalgico sapore costituzionale.

La Consensus Conference si è rivelata un modo per mettersi d’accordo. Per fare un po’ di spazio pure a loro.

Tutto a spese degli psicologi.
Che della Consensus Conference sul counseling sono stati – paradossalmente – i finanziatori unici e ignari.
Perché a noi non risulta che altri – dal network accademico alle associazioni di counselor – abbiano versato un centesimo per compartecipare.

Praticamente organizzo una festa a spese tue, senza invitarti, per capire se posso costruirmi una dependance nel tuo giardino.

La chiamo ‘Consensus Conference’, che è un dispositivo che serve a ben altro che a trovare la quadra di regolamentazione delle professioni in un settore già chiaramente organizzato dal Legislatore.

Dopo averla chiamata ‘Consensus Conference’, non mi curo nemmeno di raggiungere un vero consenso: sono rimasti inaffrontati i temi del conflitto di interesse, della procedura più volte aggiustata in corso d’opera, della consultazione il più ampia possibile dei portatori di interesse, della comunità degli psicologi.

Nemmeno si è considerato che, nel frattempo, il tema è oggetto di un procedimento del Consiglio di Stato, che definirà a breve la questione con una pronuncia avente valore giuridico.

Ad un certo punto, si è perfino tollerato che un partecipante fosse invitato a ‘levarsi dai coglioni’, giusto per dare la misura di quanto il consenso ampio e condiviso fosse percepito come un valore.

L’apoteosi è stata nel comunicato stampa di Gennaio 2018, che ha finalmente svelato il reale livello di interesse a creare consenso. In questo comunicato, un selezionato gruppo di partecipanti ha rappresentato pubblicamente l’iniziativa, in assenza di un qualunque accordo di rappresentanza che fosse consensuale.

E a questo punto, Altrapsicologia trae le proprie conclusioni: a questa iniziativa manca il presupposto fondamentale di una ‘Consensus Conference’, il CONSENSO.

Non si ha alcun interesse a raccogliere la voce di tutti, e quella degli psicologi.

Qualunque conclusione ne uscirà, non sarà di certo condivisa.

Non dagli psicologi italiani che il CNOP dovrebbe rappresentare, non da una delle massime associazioni di rappresentanza degli psicologi.