E’ PACE tra counselor e psicologi… ma gli psicologi sono d’accordo?

Fulvio Giardina, il presidente CNOP che nel 2017 al Convegno Assocounseling apostrofava i counselor con unCari Colleghiha dichiarato che la Consensus Conference sul counseling , da lui fortemente voluta è un “percorso di pacificazione”.

Mentre più del 40% del totale delle segnalazioni di esercizio abusivo di professione che arrivano agli Ordini riguarda i counselor, il CNOP, invece di contrastare l’esercizio abusivo di professione, come previsto dalla legge e dal codice deontologico, spende risorse degli psicologi per “pacificarci” verso una professione che tale di fatto a oggi non è. Perfino il TAR Lazio nel 2016 ha messo in guardia sul fatto che la definizione di counseling presenta spazi di sovrapposizione con le competenze degli psicologi!

Ma i colleghi sono d’accordo su questa idea di rappresentanza e su questa Consensus Conference fatta con i counselor?

Non lo sappiamo, perché per Giardina un sondaggio tra i colleghi su questo tema sarebbe solo demagogia.

Abbiamo quindi pensato noi – come AltraPsicologia – di chiedere direttamente agli oltre 100.000 psicologi italiani se ritengono i counselor dei “cari colleghi con cui pacificarsi” o se invece si attendono dal CNOP un utilizzo dei loro soldi finalizzato ad azioni forti e decise di tutela della professione e della salute dei cittadini

 

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Ci sono voluti trent’anni. Trent’anni perché, dal 1989 a oggi la psicologia nel nostro paese venisse considerata come una professione vera e seria, con propri atti tipici e riservati. A suo tempo, quando “tutti erano un po’ psicologi”, e fino agli anni ’90 l’abusivismo era la norma, e i primi Ordini stavano a guardare, ancora incerti sul proprio ruolo.
Da qualche anno però l’aria è cambiata. Oggi gli Ordini hanno gruppi di lavoro strutturati e commissioni che si occupano di tutela e collaborano con i comandi dei NAS locali; hanno definito l’atto tipico e riservato dello psicologo; il divieto di insegnare strumenti e tecniche psicologiche a non psicologi è stato reso più chiaro.

E così, finalmente negli ultimi anni, anche grazie agli sforzi di AltraPsicologia, si sono registrate una sequenza di sentenze favorevoli: Moccia, Guerra, Conversano, Zerbetto dicono, nelle loro differenze, che la Psicologia non può essere praticata da chiunque. E condannano, spesso, dei counselor. Ultima notizia positiva, il DDL Lorenzin, divenuto legge 3/2018 aggrava le pene per chi svolge esercizio abusivo di professione sanitaria: ora chi fa il finto psicologo rischia la reclusione.

In questo scenario favorevole per la tutela della professione cosa poteva succedere?

Quando stai vincendo una battaglia e il nemico diventa debole, rimane solo da temere il fuoco da dietro, il fuoco più inaspettato, il fuoco amico. La Consensus Conference sul counseling sta cambiando tutto e ha reso il Presidente degli psicologi un vero idolo nei convegni di Assocounseling e in quella sede UNI in cui si cerca in ogni modo di “riconoscere” la “nuova professione”.

Cosa è una consensus conference

Le conferenze di consenso rappresentano uno degli strumenti disponibili per raggiungere, attraverso un processo formale, un accordo tra diverse figure rispetto a questioni sanitarie particolarmente controverse e complesse, favorendo la scelta di orientamenti il più possibile uniformi nella pratica clinica nell’ottica di fornire ai pazienti la migliore qualità di cura in rapporto alle risorse disponibili” (Manuale ISS, cap. 1: cos’è una conferenza di consenso).

Ecco la prima domanda senza risposta: cosa c’entra una conferenza di consenso con un problema legato alla diffusione di una professione, o pseudo-tale in Italia, spesso in spregio alle leggi dello Stato?

Ed ecco la seconda: poiché il risultato di una consensus sono sempre delle raccomandazioni, che non hanno validità assoluta, ma rappresentano una posizione autorevole di una comunità, ci domandiamo questo. Il Presidente Giardina, e i Presidenti regionali che lo sostengono, si rendono conto che se la CC dovesse dare una qualsivoglia indicazione che avalli la possibilità di insegnare o esercitare una cosa che si chiama counseling, ebbene da domani qualsiasi soggetto accusato di esercizio abusivo della professione di psicologo dirà di essere un counselor e mostrerà l’esito della consensus come sua difesa, sostenendo che “gli psicologi stessi dichiarano che esiste una professione di counselor?
Si rendono conto del danno che l’esito di questa consensus potrebbe infliggere alla nostra professione e alla salute pubblica?

Cos’è il counseling e perché è un problema

Nel mondo anglosassone il counseling viene spesso definito per differenza rispetto alla psicoterapia ma pur sempre riconoscendovi una matrice psicologica: “il counseling è una relazione fondata su principi e caratterizzata dall’applicazione di una o più teorie psicologiche ed un insieme riconosciuto di abilità comunicative…” (Felthen e Dryden, dizionario del counseling, 1993). L’Italia è uno dei paesi in cui le professioni sono normate dalle leggi professionali e in alcuni casi sottoposte alla vigilanza di enti pubblici.

Dagli anni ’90 nascono alcune associazioni di counselor e dei loro formatori, che lo promuovono come  “nuova professione”: “Il counselor è la figura professionale che (…) è in grado di favorire la soluzione di disagi esistenziali di origine psichica che non comportino tuttavia una ristrutturazione profonda della personalità. L’intervento di counseling può essere definito come la possibilità di offrire un orientamento o un sostegno a singoli individui o a gruppi, favorendo lo sviluppo e l’utilizzazione delle potenzialità del cliente.” (S.I.Co., 2003)

Il problema che rappresenta il counseling nel suo rapporto con la psicologia è che mette in discussione l’esistenza stessa della psicologia come professione.
Nel momento in cui il sostegno psicologico, il colloquio clinico, la relazione di aiuto orientata alla salute psichica smette di essere l’atto tipico e riservato dello psicologo, quest’ultimo sparisce come professionista. Il confine tra ciò che può fare chiunque e ciò che richiede laurea, tirocinio ed esame di stato è, sostanzialmente, sinteticamente: il counseling. Il counseling è la psicologia.

La Consensus: un clima surreale

Nel 2016 il Network Universitario per il Counseling chiede al CNOP la Consensus. Fulvio Giardina raduna un comitato promotore e un comitato tecnico scientifico. Ma chi ha tempo e risorse per partecipare a un evento di questo tipo, strutturato in svariati incontri nella capitale? Per selezione naturale si ritrovano intorno alla stanza dei bottoni della Consensus un gruppo di stakeholders del counseling, di cui ben 13 su 20 partecipanti paiono avere interessi professionali diretti nella formazione di counselor.

E’ evidente che con questi numeri, e in assenza di una vera politica sul conflitto di interessi, che escluda come accade nelle vere “consensus” almeno chi ha interessi economici e professionali, ovvero senza escludere dalla cabina di regia chi guadagna dal counseling questa consensus è un vero e proprio fake, dall’esito pressoché scontato: sono tutti lì per sdoganare il counseling, consentendo la libera formazione di almeno una parte dei counselor.

Nel corso dei sei incontri cui abbiamo partecipato come AP nessuno dei presenti ha mai sollevato un solo dubbio, una sola nota anche solo vagamente problematica rispetto al counseling. Sono cioè sostanzialmente tutti d’accordo. Molti si conoscono, sono amici. Incredibilmente, era invece la presenza di AltraPsicologia, per mezzo dei 2 referenti ai Tavoli (Mauro Grimoldi e Nicola Piccinini), a costituire un problema, tanto da creare intorno a noi un clima quasi insopportabile.

E’ stata ignorata la nostra proposta di rispettare le linee guida dell’ISS sul conflitto d’interesse nelle conferenze di consenso. Sono infine state del tutto cassate le domande che AP ha proposto da porre agli esperti (eccole), in favore di quesiti più “neutri” e dalla risposta sicuramente “favorevole”, come: “è auspicabile che chi svolge funzioni di counseling abbia una preparazione di base?”; “è opportuno prevedere un percorso di formazione?”. Domande che ricordano quelle del filosofo dell’ovvio Catalano: “meglio vivere ricchi e sani o poveri e ammalati?”.

Nel Febbraio del 2018 AP decide di ritirare i propri rappresentanti da un rituale la cui narrazione sembra già scritta.
La Consensus sembra lì apposta per sdoganare a forza il counseling. Non in questo modo, diciamo noi, e non con il nostro nome, grazie.

Conclusione: perché partecipare al referendum di AP?

Per tre buoni motivi:

  1. la consensus è uno strumento che serve ad altro. Di solito, tipicamente, a confrontare esiti clinici che mostrano costi e benefici diversi. In Italia una CC famosa ha riguardato le terapie ormonali sostitutive in menopausa. Che c’entra il counseling in Italia? Insistere a utilizzare questo strumento può solo avere la funzione di permettere di aggirare sia la funzione legislativa del parlamento che quella giuridica dei tribunali.
  2. perché i protagonisti e decisori di questa consensus sono un gruppo di soggetti che non è rappresentativo. Di nessuna comunità, certo non di quella degli psicologi.
    La maggioranza della cabina di regia fa parte di un piccolo gruppo di soggetti ben noti, coinvolti per interessi, professione o ideologia nel counseling. Formatori o docenti, comunque si tratta di persone in gran parte legate a filo doppio a quel mondo. Così evidentemente si è voluto. E per questo non si è voluto introdurre una regola di esclusione per chi avesse quanto meno interessi economici nella materia, il che, diciamocelo, sarebbe il minimo.
  3. perché questo atto del CNOP sembra avere un esito già deciso ed esclude del tutto gli psicologi, che non hanno la possibilità di esprimersi sull’iniziativa dei propri rappresentanti. Il che, visto che paghiamo noi per quello che riteniamo essere uno dei più gravi danni alla nostra professione che mai sia stato inflitto, è decisamente, molto, molto grave.

 

Partecipa al Referendum COUNSELING

Autori:

  • Federico Zanon, Presidente AltraPsicologia
  • Nicola Piccinini, ha partecipato al Comitato Promotore Consensus Conference Counseling
  • Mauro Grimoldi, ha partecipato al Comitato Tecnico-Scientifico Consensus Conference Counseling