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Non tutta la pandemia viene per nuocere!

 Quello che segue è una sintesi di un percorso vissuto da un gruppo di lavoro di psicologi e psicoterapeuti, promosso dall’iniziativa lanciata da Altrapsicologia Toscana nel mese di luglio 2020, denominata “Officine psicologiche”.

Lo scopo di questa iniziativa è stato quello di connettere colleghi e colleghe, per dare modo di incontrarsi, riflettere e confrontarsi sulle tematiche emergenti in questi ultimi anni così veloci e frenetici. È stato un ottimo modo di far fruttare la colleganza, e come leggerete qui sotto, di sentirci un po’ meno soli, di sentirci comunità utile e operativa, di concretizzare il forse abusato “fare rete”.

 

Aprile 2020: il numero dei contagi da Covid-19 è ancora molto alto, siamo in pieno lockdown.
Isolamento, paura, fatica psicologica, incertezza sono le parole d’ordine che caratterizzano questo periodo. E’ all’interno di questa cornice storica che è avvenuto il nostro primo incontro. Siamo un gruppo di otto colleghi psicologi e psicoterapeuti che ha sentito la necessità di un’apertura ed in qualità di professionisti della Salute ci siamo chiesti che cosa potevamo fare.

Abbiamo deciso così di incontrarci ogni settimana in modalità on-line.
Lo scopo dei nostri incontri è stato quello di immaginare i bisogni che potevano emergere e che potevano accompagnare questo periodo di shock in cui le relazioni sociali ed il contatto tra le persone era diventato potenzialmente più pericoloso di quanto non lo fosse prima; se non altro dal punto di vista della salute fisica.

Da professionisti della psiche, ci siamo chiesti quali potessero essere le implicazioni emotive che avrebbero impattato su lo “stare in relazione” e quali differenze ci potessero essere tra gruppi sociali. Ogni emozione è infatti contestualizzata e contestualizzabile. Per esempio, chi ha vissuto in zone più colpite dal virus potrebbe aver avuto una percezione del pericolo diversa rispetto a chi ha vissuto in zone soltanto sfiorate. Chi appartiene ad una fascia di età che riscontra statisticamente meno rischi per la salute fisica se contagiata, può aver avuto una visione della situazione diversa rispetto ad altri più a rischio, con un conseguente diverso impatto emotivo.

Possiamo dire che siamo tutti nella stessa tempesta, ma ognuno ha la sua barca, che ha percorso i propri mari, che spera di navigare verso il proprio faro. Così come bisognerebbe dirigersi verso una medicina ad personam, così ogni intervento di tipo psicologico deve necessariamente andare incontro, “camminare con i mocassini” della persona a cui si rivolge. Certo è vero che qualcosa ci unisce, ci lega, ci mette in relazione, in interdipendenza l’uno con l’altro. Siamo comunque tutti nello stesso mare, e quello che succede a te ha a che fare in qualche modo con me.

Ci siamo immaginati come gli adolescenti potessero aver sperimentato tutta una serie di difficoltà legate allo stare a stretto contatto con i genitori durante il lockdown, dato che l’adolescenza è una fascia di età caratterizzata da una grande spinta verso il “fuori famiglia”; un periodo della vita in cui le relazioni tra pari solitamente assumono una rilevanza affettiva persino maggiore rispetto a quella sperimentata fino ad allora verso i propri famigliari.

Nella fase pandemica successiva al primo lockdown, coincidente con le prime riaperture, gli adolescenti potrebbero aver avuto paura di contagiare. Una difficoltà che si accompagnava a questo potrebbe essere stata il rispettare o meno le regole di prevenzione della diffusione del virus: utilizzare le mascherine, rispettare il distanziamento fisico, evitare assembramenti etc. La difficoltà in tal senso potrebbe essere stata quella di esporsi all’interno del proprio gruppo di amici, con possibile perdita di momenti relazionali sicuramente importanti per un adolescente. Allo stesso tempo sappiamo che l’appartenenza, alla propria “tribù”, in questo periodo, è un bisogno fondamentale: come mi comporto se sono l’unico a portare le mascherine? Se i miei amici fanno una festa, che faccio, vado o non vado?

Paura di diffondere il contagio, paura di perdere la propria reputazione con gli amici, paura di compromettere la propria identità sociale, paura di perdersi momenti importanti con il gruppo dei pari, paura di dire che ho paura. Questi i vissuti più grandi.

La pandemia ha inoltre modificato in modo particolare le situazioni aggregative tipicamente familiari. Nelle convivenze forzate sono emerse difficoltà relazionali, oltre che logistiche, che prima non c’erano, costringendo le persone a fare i conti con ciò che emergeva.

Si è modificato il contatto tra generazioni diverse. Nella prima fase, quella di marzo e aprile 2020 l’incidenza di mortalità, come sappiamo, ha colpito duramente le generazioni più anziane. Da lì in poi, i nonni si sono ritrovati isolati, chi più chi meno, dalla condivisione della vita non solo sociale, ma anche familiare.

Adesso per certi versi è il giovane che può proteggere, con i suoi atteggiamenti, quello che un tempo era per definizione il caregiver. Si assiste ad una richiesta di iper-responsabilizzazione dei giovani.

Con la pandemia si sono inoltre sfaldati i “servizi di comunità”, come quelli che si sono classicamente occupati di offrire servizi educativi e riabilitativi alle famiglie con difficoltà come ad esempio le disabilità. I periodi di lockdown hanno anche fatto tornare in auge la preoccupazione per chi vive situazioni di violenza domestica.

I vissuti di isolamento cambiano sicuramente in base all’età ed alle diverse situazioni sociali. In ogni caso è necessaria una particolare attenzione ai vari fenomeni.

Per quanto riguarda il nostro lavoro, durante questi mesi abbiamo deciso di creare una nostra pagina social chiamata Contagio Emotivo tramite la quale in qualche modo comunicare con la collettività riguardo tematiche correlate alla pandemia https://www.facebook.com/ContagioEmotivo

Quello che stiamo portando avanti oggi come gruppo di colleghi e colleghe è anche un lavoro basato sul confronto, sul sostegno e sull’aiuto reciproco per far fronte alle varie difficoltà che la libera professione ci mette di fronte soprattutto in questo periodo storico.

Il nostro obiettivo è quello di creare legami di “solidarietà professionale” (nonché di amicizia), in quanto crediamo fortemente nell’importanza della colleganza a discapito di un isolamento professionale.

 

Barbara Bandinelli
Serena Baroncelli
Alessandro Cini
Chiara Gianfranchi
Catia Giommetti
Giulia Massei
Oriana Piangoloni
Filippo Toccafondi