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di Mauro Favaloro, candidato, già referente per la formazione della Azienda Usl Bologna nord

 

 

Ho appena finito di leggere un articolo a firma “Essere psicologi” che esprime le loro idee sulla formazione. Noto, in particolare, questi passaggi:    

 

…, l’Ordine ci ha comunicato una piacevole “eredità”: una piattaforma FAD. Essere Psicologi ha inserito la Formazione A Distanza tra i suoi punti programmatici perché intende raccogliere l’eredità che il Presidente e il Consiglio uscente lasciano ai successori….

…. vogliamo utilizzare questa piattaforma per superare la difficoltà delle distanze geografiche e avvicinare l’Ordine ai suoi iscritti, creando mano a mano nuove offerte formative che vengano incontro alle loro necessità……..Solo appoggiandosi sul contesto preesistente è possibile costruire altro, mentre una rifondazione implicherebbe uno spreco di risorse che non possiamo permetterci. Se da un lato siamo fermamente convinti che l’Ordine abbia ulteriori possibilità di ampliamento, siamo consapevoli che non è possibile creare qualcosa dal nulla (il grassetto è mio).

 

“Essere psicologi” agita lo spauracchio della discontinuità come vuoto, come ritorno indietro. Secondo loro, se arrivasse qualcun altro a dirigere l’Ordine, quello che è stato fatto sarebbe accantonato e si ricomincerebbe da zero…
Ma si tratta di un ragionamento distorto, se non capzioso.  Credo che si abbia veramente poca considerazione della maturità della categoria se si pensa che i colleghi abbocchino a questa rappresentazione del nuovo come salto nel vuoto e che abbiano così tanto bisogno di attaccarsi ad una base sicura da cercare ad ogni costo la continuità, senza interrogarsi se ciò che viene loro offerto soddisfa le loro necessità.

Il fatto è che, per quanto riguarda ciò che l’Ordine può e deve fare per la formazione, c’è proprio bisogno di discontinuità e tanta.

Non basta avere uno strumento potente come la FAD se poi, come è scritto  nel loro articolo, si pensa di utilizzarlo unicamente per fare accedere gli iscritti ai contenuti formativi senza muoversi dalla propria sede.
La FAD permette ben altro e può favorire un salto di qualità dell’offerta formativa, ma solo se si modifica l’approccio complessivo con cui finora l’Ordine si è impegnato a formare gli iscritti .

Innanzitutto, occorre una strategia per andare a raccogliere i bisogni formativi tra i colleghi. E’ stato fatto finora in modo sistematico? Direi di no.
Per far qualcosa di costruito a dovere non basta ricorrere ad un questionario.  Sappiamo tutti bene, a partire dalla esperienza che abbiamo in clinica (ma non solo), che la prima espressione del bisogno non è quella più fedele: è necessaria un’interlocuzione dialogica, perché essa venga elaborata ed emerga nella sua vera sostanza. Ed occorre, ancora, un  confronto perché il bisogno formativo individuale venga correlato alle  necessità dell’organizzazione o del contesto in cui  lo psicologo lavora e dove  deve magari interagire con  altre figure professionali .
Concretamente, si può pensare di utilizzare un questionario e la rete per una prima emersione di temi, ma poi bisogna che i consiglieri dell’Ordine facciano incontri a livello provinciale o per aree tematiche per una elaborazione comune volta a dare forma ad un’ipotesi di percorso formativo condiviso.

Ci vuole discontinuità perché l’Ordine non si comporti come un’entità autosufficiente. Altrimenti non si potrà andare molto oltre ai mini seminari finora attivati. Vanno continuamente ricercate alleanze e connessioni con gli altri soggetti importanti per la formazione: mi riferisco alla Regione, alle Ausl, agli altri Ordini, alle Fondazioni, alle scuole di psicoterapia.
Solo mettendo insieme più teste e più risorse sarà possibile attivare percorsi formativi di significativo spessore  che non sarebbe possibile realizzare con le sole risorse dell’Ordine (e non sarebbe neanche giusto, visto la pluralità di servizi che intendiamo offrire agli iscritti) .     

C’è bisogno di discontinuità, perché i percorsi formativi  sono stati  finora quasi interamente dedicati all’avviamento alla professione. E tutti gli altri? E i liberi professionisti già attivi devono sempre e solo contare sulle loro risorse economiche che si stanno sensibilmente riducendo per formarsi? E quelli che si stanno muovendo nei nuovi campi della psicologia?
C’è poi da notare che la formazione di avviamento alla professione è stata finora fatta con cicli di quattro seminari che si ripetevano sempre eguali per partecipanti diversi, ma niente rimaneva a sostegno dell’avvio dopo questo input iniziale.
Bisogna anche capire che abbiamo bisogno sempre di più di formazione sulle capacità trasversali. Moltissimi psicologi non lavorano più in un unico settore, ma, per mettere assieme una entrata dignitosa, lavorano contemporaneamente in realtà molto diverse tra di loro. Se, ad esempio,  uno lavora in parte con il carcere, in parte nella scuola e in parte nel proprio studio, avrà bisogno di strumenti che gli facilitino la lettura dei contesti e l’entrata in relazione con diverse tipologie di utenti e con committenti molto diversi tra loro. Quella delle capacità trasversali si presenta come una nuova frontiera formativa.

E’ necessaria discontinuità, poi, anche per quello che riguarda gli esperti ed il loro utilizzo.

La FAD si presta facilmente ad un uso puramente nozionistico. Non abbiamo bisogno di formatori che trasportino in video le loro presentazioni in power point . Non ci basta più neanche l’ottimo esperto che fa la splendida lezione di due ore (profumatamente pagato) e poi sparisce. Abbiamo soprattutto urgenza di formatori che sappiano accompagnare processi di crescita, che siano capaci di rendere ben fruibile il loro sapere, che siano in grado di alternare momenti di aula (che possono essere anche online) con spazi di lavoro individuale e di gruppo,  interagire  a  distanza e anche on demand con i formandi, che siano presenti ed accessibili, quando chi partecipa al percorso formativo comincia a mettere in pratica quanto appreso.
Solo così si ha la possibilità che gli input formativi si trasformino in un modo di agire più ricco ed efficace.
Non basta avere la possibilità della formazione a distanza se poi il discente si trova da solo davanti ad un computer, se non ha stimoli per elaborare  contenuti, se non ha un gruppo con cui confrontarsi.
Per questo, accanto ai formatori, abbiamo bisogno di tutor per i processi a distanza da individuare valorizzando le competenze dei liberi professionisti e degli operatori dei servizi (e ce ne sono tanti di bravi).

Credo si possa comprendere meglio perché con un’idea così ambiziosa e necessaria di formazione, ci voglia discontinuità anche nel modo di essere Ordine, diventando capaci di uscire dal bunker dell’Ordine e trovare, come dicevamo, partnership e coincidenza di interessi. Guardiamo con particolare attenzione alla progettualità europea che permette anche forme di partnership dove è possibile fruire gratuitamente di seminari di formazione su tematiche quali il lavoro con gli adolescenti ed i minori.

 Ecco, questa è la discontinuità che proponiamo ed alcune delle nostre idee. Vi sembra un salto nel vuoto o un salto in avanti?