Ci dovrebbe andare l’Ordine

Piano sociale e sanitario, tavoli di programmazione regionale, strumenti di partecipazione e di concertazione… sono tante le definizioni e gli strumenti che si utilizzano in sostanza per definire a livello istituzionale quali sono le priorità di un territorio e, di conseguenza, quali azioni devono essere messe in campo e dove bisogna mettere i soldi.

La legge 56/89 definisce tra i compiti del Consiglio regionale o provinciale dell’Ordine

designa, a richiesta, i rappresentanti dell’ordine negli enti e nelle commissioni a livello regionale o provinciale, ove sono richiesti.
(sottolineato mio)

Si tratta di un compito previsto dalla normativa ma soprattutto si tratta, per me,  di un riferimento centrale per la definizione delle politiche e delle strategie di un Ordine. 

Non siamo di fronte ad una situazione di diritti acquisiti. Siamo di fronte ad una possibilità. Siamo di fronte alla situazione in cui un Ordine può aspettare in modo passivo che qualcuno attivi una richiesta a seguito della quale designare propri rappresentanti in enti e commissioni di livello regionale oppure, in modo proattivo, può creare le condizioni migliori per ricevere questo invito e attivarsi per promuovere e valorizzare la figura dello psicologo nei diversi contesti. La stessa differenza tra chi pensa sia sufficiente stare seduti nel proprio studio per vedere arrivare clienti e chi invece attiva le proprie risorse in una azione valorizzazione delle proprie competenze e i clienti se li va a cercare.

Quale delle due strategie appare vincente? La seconda opzione mi sembrerebbe ovvia come scelta.

E invece probabilmente così ovvia non è visto che la attuale maggioranza dell’Ordine, nonostante le nostre ripetute sollecitazioni, sceglie di attivare la prima strategia.
Nel Consiglio del 14 luglio abbiamo portato l’esempio degli incontri di costruzione del Piano Sociale e Sanitario che si stanno realizzando sul territorio proprio per sottolineare l’importanza di una maggiore presenza dell’Ordine in certi contesti.
Non ha sollevato grande attenzione.

leone-dormiglione

Mentre la Regione Emilia Romagna attiva tavoli di confronto e di interlocuzione con il territorio  in cui si trattano argomenti come salute e stili di vita, scuola e Neet, politiche di comunità, lavoro sui quali avremmo molto da dire per definire il Piano Sociale e Sanitario (a questo link  potete trovare il documento di elaborazione del Piano aggiornato alla data dell’11 maggio) e non solo (ovviamente lo stesso ragionamento si potrebbe applicare in moltissimi ambiti come la scuola, il lavoro, la comunità  ecc., per diverse categorie di utenti come anziani, bambini, adolescenti ecc. e per diverse tematiche dai disturbi alimentari alle dipendenze alla violenza di genere ….)  al Consiglio dell’Ordine non se ne discute.
Mancare come comunità professionale in quei contesti di programmazione significa perdere l’occasione di valorizzare in modo strutturale l’importanza del contributo che gli psicologi possono offrire nella gestione delle diverse tematiche e, di conseguenza, vedere destinate le risorse economiche ad altri tipi di interventi professionali. E come psicologi relegare noi stessi ad un ruolo secondario e residuale salvo poi magari lamentarci della mancata valorizzazione della nostra professionalità.

In questi mesi si è parlato di governo del territorio ed erano giustamente presenti Geologi, Geometri e Architetti. La presenza dell’Ordine degli Psicologi avrebbe potuto evidenziare, giusto per fare un esempio, gli effetti psicologici della valutazione del rischio nella corretta applicazione delle procedure di gestione del territorio. Mentre altri Ordini professionali attivano concrete interlocuzioni con le Istituzioni per valorizzare il contributo professionale dei propri iscritti (in questo link la notizia dell’accordo tra l’Ordine dei Geologi e ANCI per inserire un geologo in ogni Comune), l’attuale maggioranza dell’Ordine degli Psicologi Emilia Romagna sembra non vedere in queste azioni un investimento strategico.

Leggo come una precisa scelta di priorità politiche e strategiche quella che porta l’attuale maggioranza AUPI/Cultura e Professione a non impegnare il Consiglio nella ricerca di una costante interazione con le Istituzioni regionali e locali per valorizzare il contributo che gli psicologi potrebbero offrire nei diversi contesti e a perdere così importanti possibilità di promuovere investimenti a favore dell’intervento professionale degli psicologi.

Una scelta che non condivido affatto.