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bes Bisogni Educativi Speciali nella ScuolaIl 27 dicembre 2012 il MIUR ha inviato una circolare (scarica PDF) con lo scopo di ridefinire l’area dell’integrazione scolastica, con riferimento agli allievi con BES (bisogni educativi speciali). Il documento costituisce per certi versi un cambio di prospettiva importante in ambito scolastico, poiché sono chiamati in causa attivamente gli insegnanti curricolari nel difficile compito di integrare ed includere, lavoro che in genere, nella scuola, viene spesso, ahimè, delegato agli insegnanti di sostegno.

In particolar modo la circolare sottolinea come tutti gli allievi, nel ruolo di discenti, possano presentare Bisogni Educativi Speciali, e che il consiglio di classe è chiamato a costruire un PDP (Piano Didattico Personalizzato), non solo in presenza di una certificazione ufficiale, come nel caso di DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento), ma anche per gli altri allievi che, lo stesso consiglio di classe, individua come bisognosi di un’educazione speciale.

In seguito alla Circolare del MIUR, il 21 marzo 2013, l’Ordine degli Psicologi del Lazio ha inviato una nota (Scarica pdf) al Ministero evidenziando come l’impiego di professionisti psicologi possa fornire ai Centri Territoriali di Supporto (CTS), che la suddetta circolare indica come organismi da costituire sul territorio per orientare gli insegnanti circa le prassi da adottare per gli allievi con BES, le conoscenze e competenze necessarie ad assolvere il delicato compito di promozione dell’inclusione scolastica tramite interventi a favore di alunni con bisogni educativi speciali (BES).

A tale nota fa seguito un breve riscontro da parte del Ministero (MIUR) che risponde al nostro Ordine in questo modo (Scarica pdf )

… non si comprende … il richiamo ai punti 2.1.2 e 2.4.2. della direttiva, allorchè l’Ordine degli Psicologi del Lazio evidenzia la necessità di ‘selezionare quali esperti professionisti psicologi in possesso di specifiche competenze…’. A tal riguardo, si ritiene opportuno rammentare che il profilo professionale dei docenti, prevede che siano possedute, oltre alle competenze disciplinari, specifiche competenze psicopedagogiche

In pratica: facciamo da soli, grazie!

Come al solito, anche in questo caso, ci troviamo di fronte ad un’incredibile mancanza di riconoscimento sociale, qui addirittura istituzionale, della professionalità dello psicologo. Sorgono spontanee almeno un paio di domande:

Come mai gli psicologi non sono i TOP OF MIND, le prime figure professionali da coinvolgere in questo ambito specifico, e così squisitamente psicologico, tanto che il Ministro sembra quasi meravigliato dalla richiesta dell’Ordine?

Dal punto di vista sociale e istituzionale, che tipo di percezione c’è rispetto al supporto che uno psicologo può dare nella scuola?

Cos’ha fatto in questi anni l’Ordine degli Psicologi del Lazio, per diffondere un’idea di categoria così poco riconosciuta a livello sociale e soprattutto istituzionale?

La risposta appare tuttavia scontata… come scontata, a seguito della circolare ministeriale, è la richiesta di supporto da parte degli insegnanti, i quali, pur avendo le competenze psicopedagogiche che il ministero sottolinea, appaiono disorientati e assetati di supporto strategico, non tanto e non solo nell’individuare i BES presenti in classe, quanto piuttosto nell’apprendere con quali soluzioni didattiche innovative affrontare i bisogni educativi diversi, speciali o normali che siano.

Negli ultimi mesi, numerose fanpage su facebook e blog sul tema, pullulano di domande del tipo:

“Possiamo noi insegnanti, con gli strumenti e le conoscenze che abbiamo, valutare e affermare che un bambino ha un disagio specifico e quindi necessità di un’educazione speciale? Come facciamo a decidere chi ha diritto ad un PDP e chi invece no?  Nel ruolo di discenti non sono tutti gli allievi bambini e ragazzi con bisogni speciali? Soprattutto, poi, che tipo di didattica dobbiamo realizzare? Percorsi individuali? E come è realisticamente possibile farlo? Infine, come li valutiamo?”

Se tutto ciò non bastasse, una recente ricerca svolta in Veneto (Cornoldi C. A. M. (2006) . Il ruolo della famiglia nelle difficoltà scolastiche, Centro regiornale di documentazione ,agosto) sulla percezione del fenomeno Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) da parte degli insegnanti, ha fatto emergere come l’idea di fondo sia che gli alunni con DSA sono numerosi e che le risorse a disposizione per affrontare il fenomeno sono insufficienti. In pratica gli insegnanti sono ben lontani dal sentirsi completamente autonomi e attrezzati nel mettere in pratica le richieste delle normative ministeriali.

Allora, da professionista mi domando, perché non si pensa allo psicologo come colui che può offrire non solo la professionalità per fare diagnosi, non solo l’ascolto attivo, ma anche soluzioni didattiche innovative, formazione sulle strategie più efficaci per favorire l’attenzione e la concentrazione, metodologie didattiche inclusive che valorizzino le diversità intellettive, strategie di gestione dei gruppi cooperativi, ecc. ?

Ma la l’interrogativo più inquietante che mi pongo è: perché chi dovrebbe rappresentarci non mette in evidenza in modo specifico queste competenze?

Eppure la domanda di soluzioni didattiche inclusive è forte, da parte degli insegnanti. Al di là delle ricerche ufficiali, nel mio piccolo posso dire che dall’uscita della circolare del 6 marzo, ho ricevuto centinaia e centinaia di richieste di pareri, suggerimenti, idee di intervento pratico da parte non solo di insegnanti, ma anche di dirigenti scolastici, tanto che la cosa mi ha spinto a rispondere con delle risorse gratuite sul blog che gestisco con alcuni colleghi, con la conseguenza che nel giro di 10 gg, abbiamo registrato più di 2000 download di un ebook gratuito su “come includere i BES con una strategia di comprensione del testo”. Una sete enorme di soluzioni concrete, efficaci, pratiche. Chi però, si rivolge a me e alle mie colleghe, non cerca “lo psicologo-diagnosta”, ma lo “psicologo-formatore”.

Tuttavia, a mio avviso, dello psicologo è ancora troppo diffusa l’idea che sappia principalmente fare diagnosi (quindi individuare i problemi), al massimo ascoltare (sportello di ascolto) difficilmente proporre le soluzioni. E qui bisognerebbe pensare a quante volte ci raccontiamo e ci lamentiamo del fatto che le persone ci chiedono “la ricetta pronta” perché “non vogliono impegnarsi”, e c’è da chiedersi: è proprio così? Oppure abbiamo paura di dare strategie pratiche di intervento? Ebbene io dico che in ambito scolastico noi siamo chiamati in prima persona non tanto a diagnosticare i BES, non tanto ad ascoltare, ma a dare suggerimenti psicopedagogici e a formare gli insegnanti su strategie didattiche inclusive, perché è di questo che la scuola ha bisogno:

Come coinvolgere un allievo con disattenzione e un allievo con DSA nello stesso momento, senza venir meno al compito di far apprendere loro un testo?

Come motivare gli allievi con difficoltà di concentrazione e quelli con ansia da prestazione con una stessa attività didattica?

Le risposte esistono, le strategie esistono, io e i miei collaboratori le proponiamo con successo da oltre 15 anni, e infatti gli insegnanti si rivolgono a noi perché sanno che trovano risposte concrete.

Ma allora perché questo grosso scollamento tra una competenza dello psicologo che c’è, ed è reale e tangibile, ed una percezione di scarsa utilità da parte di un’altra fetta della scuola tanto da dar luogo alla sopra citata risposta del MIUR? Gli insegnanti sentono il bisogno di supporto strategico perché fanno una gran fatica DA SOLI!

E allora perché il nostro Ordine, piuttosto che dire genericamente “mi raccomando inserite gli psicologi  nei CTS…” non lavora perché il ricorso allo psicologo sia la prima cosa che viene in mente al MIUR, come al singolo insegnante?

Noi di AltraPsicologia siamo convinti si debba lavorare seriamente per diffondere un’immagine sociale e condivisa di “psicologo moderno”, “custode” dei sistemi di convivenza, creando anche gruppi professionali specializzati da poter indicare come riferimento concreto per ogni tipologia di bisogno.

Se l’Ordine, invece di ribadire in maniera generica la necessità dello psicologo, avesse lavorato in questi anni per diffondere cosa realmente può fare lo psicologo nella scuola, cioè proporre soluzioni didattiche innovative ed efficaci che siano realmente inclusive, e non solo fare diagnosi, inutili per gli insegnanti, o “ascoltare attivamente”, perché come diceva l’altro giorno un insegnante “non ne possiamo più degli sportelli d’ascolto”, forse oggi non ci sarebbe neanche stato bisogno di scrivere una lettera al MIUR, perché il MIUR stesso avrebbe pensato autonomamente di inserire la figura dello psicologo nei CTS.

Ma questa, per ora, resta solo una chimera…

Un caro saluto,
Anna La Prova
http://www.annalaprova.it/