COME SVOLTARE IL 2010

Un’analisi, in corso d’opera, del non voto degli Psicologi

Il primo turno delle elezioni ordinistiche è sintomo della attuale stato di malattia della professione. In tutte le regioni, Lazio incluso, l’affluenza al voto è stata disastrosa!

Come AltraPsicologia, ti proponiamo un’analisi concreta, fondata su ricerche pubblicate ma poco diffuse. Sono due pagine di testo, ma reputiamo ne valga la pena per cominciare ad aprire un dibattito serio sulla nostra professione!

E’ andata molto peggio di 4 anni fa: lo scollamento tra gli Psicologi e i loro cosiddetti rappresentati aumenta.
Emerge che il 75-85% dei colleghi e delle colleghe si chiede, senza trovare risposte convincenti: “Ma… perché devo andare a votare?”, “A che serve?”, “In che modo il mio voto può cambiare le cose?”, “Cosa m’interessa andare a votare se non conosco nessuno?” e che, in definitiva, interpellati rispetto all’Ordine si dicano: “Ho ben altro a cui pensare”.

Effettivamente, come dar loro torto? I personaggi che si ripropongono alla guida dei nostri ordini sono sempre quelli, fanno sempre la stessa politica di difesa dei loro interessi di parte, non sono  propositivi, non si vedono e non si sentono se non quando c’è da riscuotere l’iscrizione.
L’Ordine così com’è potrebbe benissimo non esistere e sarebbe la stessa cosa, con un risparmio annuo di almeno 140 euro per ognuno di noi e di molti milioni di euro in tutto.

Abbiamo, però, come Psicologi, gli strumenti per analizzare la nostra situazione ed intervenire in maniera avveduta: esistono diverse recenti ricerche sullo stato della nostra giovane e bella professione (analisi sintetica) e pare appurato che i maggiorenti della nostra professione non le abbiano mai lette (pur avendole a volte commissionate), né diffuse!

Provo qui a riepilogare alcuni degli spunti più interessanti (leggi l’analisi politica più ampia in DOC) individuati assieme ai colleghi di AltraPsicologia. Per semplificare prendiamo in considerazione le conclusioni della ricerca di Bosio-Lozza (in PDF), solo perché ha il pregio di essere una delle ultime, di essere a carattere nazionale ed essere un’ottima sintesi, rispettosa della complessità che si delinea.

Gli autori della ricerca illustrano “Lo stato e le prospettive delle professioni psicologiche in Italia: governance e agenda setting” ed individuano così i 6 punti della futura agenda della categoria che sono anche, in qualche modo, i suoi snodi critici.
Qui mi limito ad utilizzare la stessa “agenda” provando a contestualizzarla con la realtà laziale, che è quella più rappresentativa della condizione degli Psicologi italiani (quello laziale è l’ordine più grande del paese, con 15.000 iscritti) e che conosco meglio:

A. Le dimensioni della community: Il Lazio, ed in particolare Roma, è la regione che ha la più alta densità di Psicologi di tutta Europa. Circa 1 Psicologo ogni 270 abitanti, in città.
B. Questione femminile: La psicologia si sta sempre più femminilizzando. Cosa significhi questo in termini di reddito e di partecipazione politica alle sorti della professione è tutto da comprendere.
C. Questione giovanile: Esiste una soglia che è quella dei 45 anni che segnala una differenza reddituale fortissima, specie nelle generazioni più giovani.
D. Mondi professionali: Stesso discorso rispetto ai mondi professionali al di là o al di qua della stessa soglia dei 40-45 anni si profilano mondi professionali del tutto differenti.
E. Core identity e core competences: Chi sono e cosa fanno gli psicologi è una operazione sociale e culturale ancora tutta da costruire.
F. Formazione universitaria e formazione professionale: la formazione accademica non prepara alla professione e non dialoga con essa.

Questi 6 punti, nella nostra Regione, si mescolano in una miscela esplosiva rendendo difficile ogni tentativo di cambiamento. La criticità di tutte e 6 queste coordinate, insieme, rende infatti illeggibile il profilo professionale, impraticabile ogni dimensione “comunitaria” categoriale, depressivo il quadro generale.

Detto in altri termini, qui nel Lazio prima e più che in altri posti d’Italia, sta accadendo che:

  1. aumenta iperbolicamente la massa degli iscritti,
  2. quasi tutti femmine,
  3. per il 70% sotto i 45 anni,
  4. sempre più poveri, delusi, indifferenti, anestetizzati, passivi e che fanno una improba fatica a sopravvivere,
  5. confusi circa la direzione professionale da prendere,
  6. che s’aggrappano ad ogni sirena che promette lavoro in cambio di “più-formazione”.

Aumenta il numero delle colleghe e dei colleghi “rassegnati e addormentati” e parallelamente la “casta” di chi governa l’Ordine s’aggrappa sempre più al proprio potere, sempre più certa dell’indifferenza generale e del favore delle proprie pur limitate clientele.

Facci caso, collega: tra chi va SICURAMENTE a votare (una parte cospicua di quel famoso 15% certo di votanti) qui nel Lazio di certo ci sono coloro che:

  • appartengono al bacino “clientelare” di “Cultura e Professione” o “SIPAP” – le organizzazioni che da sempre governano l’ordine – ed hanno ruoli di potere in istituzioni pubbliche e private (leggasi: Università, ASL e, soprattutto, Scuole di Specializzazione) che dall’inoperosità dell’Ordine hanno gioco facile a mantenere gli andazzi dominanti;
  • hanno rapporti di conoscenza personale con qualcuno dei candidati;
  • hanno avuto indicazione precisa di voto da parte di un qualche “potente” che si propone spesso come “potenziale-promettitore-di-lavoro” (neppure come reale committente).

È una netta minoranza (presente, encomiabile ma – chiaramente – minoranza) quella di chi viene a votare perché animato da uno spirito o un senso del dovere civico e democratico e si è preso la briga di comprendere qualcosa di questo scenario.
Eppure l’unica possibilità per modificare questo quadro così desolante sarebbe andare a votare, informarsi, provare a capire chi fa cosa e perché.

La ricerca di Bosio e Lozza, come anche altre, lo dice chiaramente: I giovani psicologi rappresentano il “luogo privilegiato del cambiamento: è da qui che deve poter partire il segnale, è da loro che devono arrivare le nuove idee per la politica professionale.

Cara/o collega, se hai letto fin qui probabilmente sei fuori dal gregge della rassegnazione, della beata ingenuità: sono certo che tu almeno farai di tutto per venire al seggio di Roma l’ 8, 9, 10 Gennaio.

Ma devi fare qualcosa di più, per dare (per darci) una speranza:
PORTA CON TE UNA COLLEGA,
UN COLLEGA CHE NON HA VOGLIA DI VENIRE A VOTARE.

Non ti chiedo, non vi chiedo di votare per AltraPsicologia: vi chiedo di VOTARE  e basta.
Sapendo però che il voto per AltraPsicologia è un voto per l’innovazione, il cambiamento e la discontinuità.
Clicca qui per leggere le nostre tre proposte operative!

Spero che queste riflessioni ti siano state in qualche modo utili e ti auguro un 2010 davvero di svolta.

Felice D. Torricelli