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Quando durante il consiglio dell’Ordine si parla di volontariato, ci si aspetta che tutti i rappresentanti coinvolti siano profondamente connessi e concordi tra loro, e cioè che al di là del valore sociale del volontariato, non possiamo andare avanti con il regalare le nostre competenze. Competenze spesso sudate e guadagnate con dedizione ed impegno.

E invece le sorprese non arrivano solo a Natale. In Lombardia, i colleghi consiglieri sono capaci di stupirti con effetti speciali anche a settembre, mostrando posizioni addirittura opposte, tanto che l’attuale maggioranza è riuscita a sostenere che il volontariato è una “conditio sine qua non” per ampliare le nostre competenze come psicologi, formarci e inserirci nel mondo del lavoro.

Non trovi lavoro? Vuoi farti conoscere e ampliare la rete dei tuoi pazienti?
Proporsi all’utenza con attività gratuite pare la strada migliore per OPL!
L’unica possibilità che il “povero” collega ha per arrivare a qualcosa di “pagato”: una sorta di purgatorio che tocca a tutti, in attesa di “sbarcare il lunario”.

Noi di AltraPsicologia la pensiamo profondamente in modo diverso. Non è un no al volontariato, che ha specifiche caratteristiche e valori che lo identificano nella sua attuazione concreta fra tutte le altre componenti della solidarietà organizzata, ma come istituzione che rappresenta 22mila psicologi, dobbiamo lavorare per promuovere l’occupatibilità, la territorializzazione e il riconoscimento della nostra professione.

Ora vi racconto cosa è accaduto.
Nell’ultimo consiglio, Professione Psicologo (il gruppo attualmente in maggioranza dei colleghi Parolin e Baventore) ha inserito in odg l’approvazione di un protocollo d’intesa con la Cooperativa Crea, l’ASST e il Comune di Lecco, per attivare un progetto di urgenza psicologica sul territorio.

Il progetto ha una sua storia ed è presente in altre provincie da più di 7 anni, inserendosi in una nicchia di bisogno che raccoglie probabilmente domande più complesse sia per i servizi pubblici che per gli studi privati. Un servizio che si pone come facilitatore nella presa in carico di quelle situazioni d’urgenza, dove i colleghi coinvolti svolgono sia sostegno telefonico che interventi al domicilio del chiamante.

Data la natura del servizio e la specificità delle competenze richieste, ci lascia perplessi fin da subito, convincendoci a prendere posizione contraria, la questione che il progetto si sostiene grazie alla “prestazione professionale di psicologi VOLONTARI iscritti all’Albo A, formati per la consulenza psicologica e psicoterapeutica”.

Quindi psicoterapeuti che offrono prestazioni professionali gratis? Fantastico!

Non è solo un problema di sostanza, ma qui si travisa completamente il tempo che si può dedicare ad attività per l’altrui bisognoso, con l’offerta di strumenti professionali e senza compenso ricevuto.

Il sig. vicepresidente, ci ha anche accusato di disonestà intellettuale durante la discussione in consiglio, sostenendo che la nostra posizione non considerava il contesto nel quale i colleghi sarebbero stati coinvolti: la psicologia delle emergenze. E che il progetto, era pensato come apripista per l’invio successivo a terapie a pagamento.

Sorvoliamo sull’offesa ricevuta, ma facciamo notare al sig. vicepresidente che in nessun contesto della psicologia dobbiamo, prima di tutto come ordine, considerare la possibilità di svendere le nostre competenze, altrimenti ci troveremo ad avere, non solo gli psicologi delle emergenze coinvolti in progetti di volontariato, ma anche psicologi dello sport, del lavoro, ricercatori o neuropsicologi in questa situazione e nell’attuale sistema sociale non ne abbiamo proprio bisogno!

Ma poi questo volontariato porta veramente a risultati? Analizziamo la storia del progetto e i risultati e scopriamo che tra i 2013 e il 2017 il servizio di urgenza psicologica a Milano ha gestito circa 120 chiamate all’anno, delle quali solo 10 hanno proseguito la consulenza non più volontaristica: praticamente meno del 10%. I numeri non sembrano restituirci l’idea di un volo pindarico verso la realizzazione di un lavoro retribuito, ma l’ennesima conferma che i servizi di volontariato restano fini a se stessi e la casistica non si attiva facilmente in “percorsi a pagamento”.

Inoltre ci è parso evidente che la presenza dell’ASST di Lecco come firmataria senza portafoglio, sottolineasse la forzatura di quest’ultima nel mettere il proprio “bollino” senza alcun investimento economico o di personale. Facile no?

Dopo le miriadi di proposte gratuite arrivate durante il Covid e dopo tante discussioni tra colleghi sul tema, il lavoro gratuito anche come volontariato non retribuito non è più accettabile.

Quasi due ore di discussione, in cui sapevamo benissimo che non ne saremmo usciti soddisfatti, perché loro hanno i numeri e con l’alzata di mano avrebbero fatto passare la delibera senza sforzi.

Secondo voi come è finita? 9 favorevoli (loro) e 6 contrari (noi).

Ma è così, a loro piace l’idea che lo “psicologo t’aiuta…e adesso anche gratis”, a noi piace più l’idea di “aiutare lo psicologo a fare il suo mestiere”. Ma sono visioni diverse!