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Old and New Trees in a ForestQualche giorno fa su Facebook è girato un messaggio che chiedeva se la psicologia ormai fosse morta, o comunque destinata ad assistere al suo funerale.

Cosa ne penso? Beh, io credo proprio di no! So che siamo in un periodo storico difficile, caotico e impegnativo, ma ritengo che proprio da questo caos possa nascere qualcosa di buono.

E’ necessario inventare una psicologia nuova, più vicina alla gente, che non faccia paura ma che al tempo stesso sia seria, professionale e attenta.

In treno sentivo una mamma dire alla donna seduta accanto a lei che le insegnanti di sua figlia l’avevano convocata per un sospetto di dislessia. Lei era preoccupata e la sua amica ancora di più, come se avessero diagnosticato alla bambina una grave malattia. Poi una dice all’altra “tranquilla mi hanno detto che c’è un posto che si chiama Uonpia (lo ha detto quasi sillabando la parola), un posto in cui c’è un dottore che cura queste cose”…io non sapevo se morire dalla vergogna, dallo sdegno o dalla rabbia.

Se a questa mamma fosse servito un pediatra, un otorinolaringoiatra o un fisioterapista…immagino avrebbe saputo dove andare per prendere appuntamento, per la bambina!

Spesso ho sentito genitori dire frasi che mi hanno fatto riflettere: “addirittura lo psicologo!”…“Prima dello psicologo magari provo un po’ di psicomotricità”…non credo qualcuno vada a fare riabilitazione prima di aver visto un ortopedico…io mi sono stufata di sentire parlare della nostra professione come di una figura nebulosa e dai metodi e risultati dubbi!

Personalmente credo che parte di questa colpa sia di decenni in cui i miei precedenti colleghi sono stati solo chiusi nel loro studio a parlare psicologese!

La clinica, la psicologia del lavoro, la parte di giuridica, la psicologia dell’emergenza, la scolastica…ogni nostro ambito è fondamentale abbia una sua terminologia e degli strumenti propri di una professione altamente qualificata. E’ tuttavia necessario saper parlare alla gente ed ai pazienti anche da persone! Anche coi medici spesso accade la stessa cosa: un medico che usa un gergo troppo tecnico, anche se bravissimo, fa a tutti un’ impressione meno accogliente di uno che ci parla in modo professionale, semplice. Se a questo aggiungiamo che un medico ha  dalla sua che parla di fatti concreti: esami medici, numeri, parti  del corpo che si vedono mentre noi parliamo di emozioni, sentimenti, patologie che difficilmente si possono dosare o dire tra quanto spariranno si capisce quanto la parte umana dello psicologo possa fare la differenza nella relazione col paziente.

Io non credo affatto che la psicologia sia morta o destinata ad esserlo, credo che ci si debba mettere in gioco di più, partendo da noi stessi.

Io sono partita da me dalla mia esperienza e dal mondo in cui sono. Mentre studiavo ho lavorato come assistente comunale in situazioni di handicap e disagio nelle scuole, ora mi occupo di clinica, di lavoro e formazione. Sette anni fa  ho inventato seduta nel mio salotto un volantino stampato su un A4 in casa “un aiuto a scuola, un aiuto a crescere”: in questa frase ci sono le mie competenze di educatrice-insegnante di sostegno, di formatore e di clinico. Tutte queste parti di me sono un momento e un luogo di ascolto, diverso ma unico assieme. In questi sette anni “un aiuto a scuola, un aiuto a crescere” è cresciuto, cambiato, ha avuto case diverse: studi privati, ludoteche, librerie, biblioteche… ma non si è mai fermato, si è arricchito, così come noi, la nostra professione e la nostra formazione!

Dobbiamo uscire dai nostri studi, fare rete tra di noi, scambiarci competenze e costruire insieme un altro modo di essere psicologi. Spesso abbiamo orientamenti diversi, ma questo non deve separarci, queste differenze non possono che arricchire il nostro sentire e allargare i nostri orizzonti. Io ho una formazione psicodinamica e amo ascoltare i colleghi cognitivi, si riesce insieme a vedere e sentire in modo migliore, un modo che può costruire anche dal caos qualcosa di nuovo e di buono.