SOS TATA’? SOS PSICOLOGI?

L’idea di quest’articolo nasce da una domanda: come mai oggi, nella nostra società così evoluta per certi aspetti, c’è così poca attenzione per i bisogni emotivi del bambino e dei neo-genitori? La critica  non è riservata ai genitori ma è soprattutto rivolta a noi psicologi, ai medici, agli operatori che sono a stretto contatto con i neonati, con i  bambini e le loro famiglie.

Quando nasce un bambino, si accende un vivo interesse per tutto ciò che è  materiale e consumistico, ma si perde di vista la “cura” intesa come attenzione per la persona.

I corsi di accompagnamento alla nascita, offerti dal Servizio Pubblico, si concentrano quasi esclusivamente sul momento del parto, ma dopo che succede? Chi aiuta i genitori in questa nuova impresa? Mamma, babbo e neonato vengono lasciati soli, abbandonati in un vortice di cambiamenti emotivi che possono sconvolgere l’equilibrio familiare; è un momento di crisi e in alcuni casi si rischia di perdere la bussola in mancanza di un punto di riferimento.

Dove sono i Servizi?

Le persone con più risorse si rivolgono a qualche associazione di volontariato o chiedono aiuto a professionisti preparati, altri rimangono impantanati nella sofferenza se non riescono ad uscirne con le proprie energie.

Diventare madre mi ha permesso di conoscere la psicologia perinatale e mi sono chiesta il motivo  per cui sia così poco applicata nel nostro paese considerando quanto possa contribuire a garantire un buon inizio di vita e quindi benessere psicologico.

E’ di fondamentale importanza per un essere umano, essere accolto nei suoi bisogni emotivi già nel grembo materno, durante il parto, nei primi mesi di vita, fino a quando arriverà a camminare con le proprie gambe e ad esprimersi con le parole. Questo nella maggior parte dei casi non succede, i bambini vengono “visti” solo quando creano problemi, quando non dormono, non mangiano, quando fanno i capricci. E allora si che in quel momento escono fuori gli esperti a dare consigli, suggerire strategie e manualetti per gestire al meglio “i capricci” e non i bisogni del bambino.

Noi psicoterapeuti lavoriamo poco sulla salute concentrandoci quasi esclusivamente sulla patologia, abbiamo sposato il modello medico occidentale. Siamo forse così poco interessati al benessere psicologico dei bambini e delle neo-famiglie perchè ci interessa avere pazienti nel nostro studio?

Oppure ci comportiamo come persone che non essendo state “viste” da bambine, si trasformano in genitori ciechi di fronte ai bisogni affettivi dei figli?

Mi chiedo quale di queste ipotesi si avvicini di più alla verità? Oppure è possibile che ci siano più verità oltre a quelle da me indicate che portano il nostro mondo professionale ad una mancanza di conoscenza e di interesse per queste tematiche?!

Vorrei aprire un dibattito, sapere cosa ne pensano i miei colleghi.

Mi piacerebbe capire perchè non prendiamo posizione di fronte a trasmissioni televisive che si spacciano come un valido aiuto per i genitori in difficoltà quando invece sono totalmente fuorvianti e deleterie. Persino l’ordine dei pediatri lo ha fatto e noi dove eravamo?

Oggi le persone in difficoltà chiedono di poter essere aiutate con una pillola, con una strategia dettata da un esperto che la mette a punto per loro. I media rispondono con trasmissioni in cui arriva l’esperto che risolve tutti i problemi squalificando le competenze delle persone e si finisce così per delegare il proprio cambiamento a qualcuno che ne “sa di più”. Lo scopo dei media è stato così raggiunto, creando telespettatori dipendenti dalla loro trasmissione a discapito della salute psicologica dei bambini e delle loro famiglie.

Penso sia nostra responsabilità prendere posizione anche di fronte a libri che rovinano la salute psicologica dei neonati, inducendo in genitori stanchi e insicuri, comportamenti e strategie piene di violenza psicologica e totalmente incuranti dei bisogni del bambino. E invece dove siamo?!

 

Ketti Chiappa

Psicologa-Psicoterapeuta