Articolo di Valentina Ortu e Pier Luigi Putrino
Il primo evento formativo del 2016 con marchio AP Piemonte è stato sull’utilizzo del materiale fotografico in ambito clinico: LA FOTO-TERAPIA.
La Dott.ssa Morena Petrongolo, che svolge come psicologa e psicoterapeuta attività clinica con adolescenti, adulti, coppie e famiglie, ci ha raccontato la sua esperienza con la Foto-Terapia e, nonostante il fatto che questo strumento sia ad oggi ancora poco conosciuto, l’incontro ha riscosso grande interesse e partecipazione da parte dei presenti (psicoterapeuti, psicologi e studenti di psicologia).
Foto-Terapia: Cos’è?
La Foto-Terapia è stata definita da Judy Weiser, psicoterapeuta e direttrice del Photo Therapy Center di Vancouver, come l’interazione che viene a stabilirsi tra le persone e le fotografie per sviluppare la crescita personale e i processi di cambiamento.
La fotografia, che viene utilizzata come uno strumento clinico con un elevato potenziale proiettivo, simbolico e metaforico, oltre a facilitare la comunicazione e la relazione terapeutica esprime e rende tangibile la percezione che la persona ha di sé, della propria realtà e delle proprie relazioni.
Durante l’incontro, la Dott.ssa Petrongolo ci ha presentato le 5 tecniche di Foto-Terapia di Judy Weiser: le Photo-Projectives, le fotografie scattate o raccolte dal paziente, le fotografie del paziente scattate da altre persone, l’album di famiglia e l’autoritratto.
La Dott.ssa Morena Petrongolo risponde ad alcune domande
COME HAI CONOSCIUTO LA FOTO-TERAPIA?
Osservare con curiosità ciò che mi circonda, il mondo delle cose e delle persone, ha sempre suscitato in me grande stupore e meraviglia, ed è proprio questa curiosità che mi ha spinto a considerare la fotografia, non solo come un momento, un attimo fermato per sempre su un pezzo di carta, ma come una chiave per aprire una porta più grande, fatta di emozioni, ricordi e vissuti.
Henri Cartier-Bresson, scriveva: “Fotografare, è porre sulla stessa linea di mira la mente, gli occhi e il cuore. È un modo di vivere”.
Fotografare è una scelta, è un modo di comunicare emozioni, stati d’animo, pensieri. Un modo di porsi e imporsi nel mondo. Ogni fotografia, anche la più apparentemente banale, racchiude e racconta una storia, mille storie, tante quante sono i diversi occhi che la osservano.
Dentro la fotografia, si nascondono e mescolano più significati, infatti, osservando una fotografia, ognuno reagisce in modo differente proprio perché non esiste una realtà universale che possa essere osservata oggettivamente da tutti; la realtà è relativa alla percezione che ognuno di noi ha di se stesso, degli altri e del mondo, e il suo significato è strettamente personale, sociale e culturale.
La passione per la fotografia si è poi unita alla mia professione, quando, in concomitanza con la scelta del tema della tesi di Laurea in Psicologia, ho avuto la possibilità di collaborare e partecipare ad un progetto di “Fotografia Terapeutica” all’interno di una comunità riabilitativa psichiatrica. Quest’esperienza, oltre ad aver costituito la mia tesi di laurea dal titolo “L’utilizzo della fotografia in psichiatria. Un mondo di comunicare attraverso le immagini”, è stata l’occasione per conoscere le innumerevoli potenzialità della fotografia.
Nello specifico, la fotografia fu utilizzata come strumento terapeutico-espressivo in grado di fungere da supporto e stimolo alla comunicazione e interazione con l’Altro. Attraverso un processo di auto esplorazione e auto comprensione, l’uso delle immagini fotografiche e dello strumento fotografico, ha permesso di osservare e conoscere ogni ospite nella sua condizione prima di tutto umana poi clinica.
L’emozione e lo stupore di quei giorni è la stessa che provo oggi e che mi porta non solo a utilizzare la fotografia nella mia pratica clinica ma anche a scoprire e conoscere le innumerevoli potenzialità e possibili impieghi della fotografia nella relazione di aiuto.
QUALI TRA LE 5 TECNICHE DI FOTO-TERAPIA SECONDO TE È LA PIÙ EFFICACE?
Dal mio punto di vista ogni tecnica ha delle peculiarità specifiche, diventa difficile e soprattutto limitante considerarle come 5 tecniche distinte. In base alle esigenze situazionali terapeutiche di ogni caso e secondo il proprio orientamento professionale e/o teorico di riferimento, le tecniche possono essere combinate tra loro e usate interattivamente.
La forte valenza simbolica e metaforica delle immagini fotografiche fa di esse un potente veicolo espressivo attraverso cui il soggetto può facilmente esprimere certe emozioni, stati d’animo, ricordi e pensieri difficili da esprimere a parole.
La fotografia osservata, scattata, scelta o ritagliata permette insight specifici grazie alla rapidità e all’efficacia del visivo rispetto al verbale.
Non parlerei di efficacia ma piuttosto di possibilità applicative. In questo caso mi riferisco alla tecnica “Foto-Proiettiva” che, come il termine stesso indica, utilizza il meccanismo psicologico della proiezione. La fotografia viene ad essere utilizzata come “medium” per favorire l’immaginazione e le libere associazioni.
Poiché il significato che attribuiamo a qualunque foto è innanzitutto creato dall’osservatore, questo gli attribuirà un valore strettamente personale, sociale e culturale; ciascuno, nel momento in cui osserva una foto, subisce un processo emozionale, per cui scopre al suo interno una realtà specifica che non necessariamente corrisponde con l’immagine che la fotografia riproduce.
Questa tecnica risulta molto utile come supporto introduttivo al lavoro terapeutico poiché, oltre a far emergere contenuti e temi di rilevanza e indagine terapeutica, permette alla persona di stabile una relazione meno censurata con l’inconscio, un modo per by-passare alcune resistenze.
Quindi per rispondere alla domanda, penso che l’efficacia risiede nell’uso flessibile, interattivo e combinato delle cinque tecniche.
CON QUALI TIPI DI PAZIENTI USI LA FOTO-TERAPIA?
Solitamente, l’utilizzo della fotografia viene proposto quando si adatta alla modalità di pensiero del paziente e alla specifica situazione terapeutica.
Nella mia attività psicoterapeutica, mi capita spesso di utilizzare le fotografie con adolescenti e pazienti giovani soprattutto perché sono soliti adottare un linguaggio più immediato fatto d’immagini metaforiche.
Nello specifico utilizzo le tecniche di Foto-Terapia quando lavoro sulle relazioni familiari, sulla propria percezione corporea, sull’esplorazione del Sé, quando certe emozioni sono difficili da esprimere a parole e quindi, la fotografia diventa catalizzatore per la comunicazione e per il cambiamento terapeutico.
Mi capita di utilizzare le immagini fotografiche anche quando non è chiaro l’obiettivo da raggiungere ed è necessario individuare un focus, o quando certe emozioni, pensieri e situazioni limitano la capacità espressiva e il benessere della persona.
In generale, in ogni situazione clinica, se le condizioni lo permettono, l’uso delle fotografie può favorire il cambiamento terapeutico.
QUALE POTENZIALE HA L’USO DELLA FOTO-TERAPIA NELLA TUA ESPERIENZA CLINICA?
Mi viene in mente una frase di Diane Arbus:
“Se io fossi semplicemente curiosa, mi sarebbe assai difficile dire a qualcuno: «Voglio venire a casa tua e farti parlare e indurti a raccontarmi la storia della tua vita».
Voglio dire che mi direbbero: «Tu sei matta».
E in più starebbero molto sulle loro.
Ma la macchina fotografica dà una specie di licenza.
Tanta gente vuole che le si presti molta attenzione, e questo è un tipo ragionevole di attenzione da prestare”.
Il potenziale è il valore aggiunto che apporta al processo terapeutico.
All’interno della pratica clinica, le tecniche di Foto-Terapia possono essere utilizzate da diversi psicoterapeuti indipendentemente dall’orientamento teorico di riferimento e dall’approccio metodologico utilizzato. Questa versatilità, unita alle specifiche peculiarità del terapeuta, contribuisce a rinforzare l’efficacia dell’intervento psicoterapico.
Sostanzialmente, è proprio questo eclettismo che ritengo essere un valido alleato nella mia esperienza professionale: ritengo che condurre e realizzare una terapia funzionale e risolutiva al problema spesso necessita di più strumenti di intervento efficaci.
Nel mio lavoro, se non potessi utilizzare la creatività perderei quello stupore e meraviglia che mi permettono di amare ciò che faccio e di crederci.
QUALI SONO SECONDO TE I LIMITI DI QUESTO STRUMENTO?
Sinceramente non ritengo ci siano dei veri e propri limiti specifici alle tecniche di Foto-Terapia, penso che il limite è quello che il terapeuta può imporre alla tecnica ponendosi in modo rigido e attenendosi scrupolosamente al proprio modello/ approccio di intervento.
Non esiste un modo giusto o sbagliato di interpretare una fotografia o attribuirle un significato, allo stesso tempo non c’è un solo modo corretto e prestabilito per utilizzare le Tecniche di Foto-Terapia né una sequenza o combinazione particolare. Compito del terapeuta è sostenere il paziente in questa esplorazione.
Non è solo il contenuto visivo (temi e pattern ricorrenti, ridondanze attraverso il tempo, contenuto simbolico e insolito) ad essere rilevante ai fini terapeutici, ma anche tutto ciò che accade durante il dialogo fotografico: memorie, emozioni, sentimenti, libere associazioni.