Psicologia e violenza di genere: un dialogo con Telefono Rosa Torino. di Giovanna Verde

logo_tel_rosa-291x300Il Telefono Rosa Piemonte nasce l’8 marzo 1993, come associazione di genere e centro antiviolenza, esclusivamente dedicato alle donne vittime di violenza o maltrattamenti fisici psicologici, sessuali, economici e come centro di orientamento per i diritti delle donne.

La creazione di un luogo “dedicato” aveva ed ha tuttora un ruolo essenziale: creare uno spazio di accoglienza, di ascolto e di accompagnamento. Il Telefono Rosa Piemonte, oltre al servizio di ascolto telefonico, prevede accoglienze dirette in sede, consulenze legali e/o psicologiche, gruppi di auto aiuto e gruppi condotti da una psicologa volontaria dell’Associazione, insieme con uno sportello di segretariato sociale per l’orientamento all’autonomia (abitativa, lavorativa, sociale, …) in rete con i servizi pubblici e del privato sociale operanti sul territorio.

Esiste poi una struttura di accoglienza “Approdo” per donne vittime di violenza o maltrattamenti che provengono dai pronto soccorso cittadini.

Sono inoltre attivi servizi esterni per intercettare e contrastare la violenza sul territorio. Presenza amica è un servizio operativo dal 2004 presso la Stazione di Torino  Porta Nuova, dal lunedì al venerdì dalle ore 20 alle ore 24. Vicino a Te è invece un servizio svolto sul territorio provinciale che si svolge utilizzando un camper appositamente attrezzato.

Da anni vengono svolte iniziative di formazione interne ed in ambito scolastico, come anche verso i servizi sanitari, sociali, le forze dell’ordine e agenzie pubbliche e private che si occupano di violenza. Ogni ulteriore dettaglio è reperibile sul sito www.telefonorosatorino.it.

Lella Menzio, Presidente del Telefono Rosa Torino, ha risposto ad alcune nostre domande.

In base alla tua esperienza, come è cambiata (se è cambiata) negli ultimi anni la condizione della donna nella società?

Certamente è cambiata, e molto, in positivo. Esistono però, e persistono, condizioni di disparità e mancata tutela del diritti. Sul versante della violenza, poi, assistiamo ad un progressivo aggravamento delle condotte violente contro le donne, fino ad arrivare ai numeri certamente allarmanti, dei femminicidi.

E’ possibile dare un quadro sulla tipologia di donne vittime di violenza fisica e/o psicologica, che accede ai vostri servizi?

Non esistono tipologie precise. Incontriamo donne italiane e straniere, giovani e meno giovani, vittime spesso di diverse forme di violenza. Di sicuro, il Telefono Rosa è un riferimento importante, a volte cercato ben prima della denuncia o di altre forme di tutela. Il nostro ruolo, infatti, è quello di confrontarsi su cosa concretamente è possibile fare per affrancarsi dalla violenza: e questo è un compito che i centri antiviolenza hanno in modo praticamente esclusivo.

Ci sono delle differenze culturali sul tipo di richiesta e sulla frequenza delle richieste di aiuto che ricevete?

Ovviamente, la violenza si nutre di tanti aspetti. Ci sono indubbiamente fattori culturali, ma li possiamo considerare globalizzati. Che si tratti di donne europee o extraeuropee, il problema è costante. Le dinamiche aggressive messe in atto dai perpetratori e che hanno come vittima una donna, non importa di quale etnia o grado culturale.

Vi capita di ricevere delle richieste di informazioni da parte di nostri colleghi psicologi o psicoterapeuti?

Qualche volta. Ma non così spesso come vorremmo. Ci sono delle richieste generiche sui servizi del territorio o sulle modalità con cui possiamo aiutare una donna. Ma si tratta di dialoghi che oltre ad essere sporadici, spesso frammentano l’esperienza della donna, tra quella che è in terapia e quella che deve affrancarsi. E secondo noi è inutile, se non dannoso, alimentare questo parallelismo.

Negli anni, siete riusciti a parlare con le istituzioni e a creare sinergie sul territorio. Quali Ordini o categorie professionali si sono rivolte a voi per affrontare queste tematiche?

Ministero per le Pari Opportunità, Regione Piemonte, Provincia di Torino e Città di Torino, in parte anche l’Università, sono tra gli enti che più cooperano con le nostre azioni. L’Ordine dei medici e quello degli avvocati hanno con noi saltuari momenti di confronto, soprattutto in sede di formazione nel settore sanitario. Visto il contesto dell’intervista, se dobbiamo parlare di una qualche sinergia con l’Ordine degli Psicologi, dobbiamo dire che questa esperienza, che sarebbe essenziale, ci manca.

Cosa si potrebbe ancora fare per creare delle sinergie utili tra le diverse figure professionali (avvocati, psicologi, medici, ospedali, forze dell’ordine, ecc.), al fine di formare una rete di servizi che dialoghino tra di loro a tutela dell’utenza?

Il problema è duplice. Non ci sono atti di indirizzo nei vari ordini, e quindi le iniziative si costruiscono sulla buona volontà dei singoli, piuttosto che degli Enti medesimi. Occorrerebbero protocolli condivisi e accordi pluriennali, ma soprattutto un approccio sinergico tra la rete dei servizi e magari anche convenzioni con professionisti privati. Che però, tanto per essere chiari, non vedano questa come sola opportunità di lavoro, ma di conoscenza, saperi, pratiche condivise e anche un po’ di solidarietà e vicinanza ad uno dei problemi più importanti nella vita di tante donne.

Qual è secondo te il modo migliore per creare pratiche quotidiane insieme alle istituzioni (asl, regione, provincia) che informino il cittadino e servano per la prevenzione?

Bisogna condividere un modello interpretativo, metodologico e procedurale e poi attuarlo. Occorre uscire dalle singole modalità di azione, ma soprattutto comprendere, anche in ambito clinico, che una donna vittima di violenza può avere sintomi specifici che richiedono un trattamento specifico, non soltanto una generica valutazione come “paziente”. Insomma, una specie di codice rosa che non sia solo quello applicato in ambito sanitario nei pronto soccorso ma in tutte le aree (sociale, lavorativo)

Qual è, secondo te, la comunicazione più efficace nell’affrontare queste tematiche con le persone?

Innanzitutto, occorrono continue campagne mirate. Serve poi una prevenzione precoce, fin dai primi gradi scolastici e poi la strutturazione di un movimento che abbandoni stereotipi ed opinioni sbagliate e tenga conto della realtà del fenomeno.

La legge sulla stalking, art. 612-bis c.p., introdotta nel 2009 con il D.L.23 febbraio2009, n. 11 (decreto Maroni), ha apportato dei benefici alla tutela delle donne vittime di questo tipo di violenza?

Certamente sì. Ma non esiste una conoscenza profonda del fenomeno, che sembra più legato alla filmografia degli psicopatici assassini che alla realtà, che vede assassini che non sono per nulla psicopatici. E’ la dimensione della normalità che è assente, continuando a ritenere che il maltrattante sia straniero, ignorante e povero. Tutti i dati lo confermano: non è per niente così. Ma di sicuro la legge dà delle opportunità: se tutti la conoscessero e la seguissero!

Il Telefono Rosa è una realtà molto attiva sul nostro territorio. Forse non tutti i colleghi sono adeguatamente aggiornati sul loro modus operandi e sull’importante risorsa che potrebbe rappresentare per gli psicologi e per i loro pazienti la corretta conoscenza di alcune informazioni e un’adeguata sinergia tra i due contesti: clinico e pratico.