All’Ordine del Veneto si discutono i requisiti auspicabili per lo psicologo nell’ambito della neuropsicologia: la specializzazione è tra questi?
PERCHÈ SE NE PARLA:
Nel Consiglio del 13 novembre, il Consigliere Tesoriere Ruzza, coordinatore del Gruppo di lavoro sulla Neuropsicologia, ha portato all’attenzione di tutti la necessità di definire meglio questa figura, che:
1) viene richiesta nelle struttura sanitarie, in ambito medico-legale ed è prevista nei LEA;
2) non ha ancora trovato un inquadramento preciso nell’organigramma istituzionale del SSN;
3) deve avere delle competenze specifiche e comprovate per tutelare il potenziale utente, dato che compito dell’Ordine è anche quello di garantire la professionalità oltre che la professione.
Specifichiamo che stiamo qui parlando parlando di “linee guida”, quindi di requisiti non vincolanti.
Ma quando è un Ordine professionale ad esprimersi, seppur a livello regionale, il passaggio da “auspicabile” a “necessario” può potenzialmente diventare breve, sia per gli iscritti allo stesso Ordine, sia per chi in ambito pubblico o privato si deve avvalere di tale figura.
REQUISITI AUSPICABILI:
La proposta del gruppo di lavoro prevede che il “Neuropsicologo” debba possedere:
- Laurea Magistrale nelle “Classi” di Psicologia
- Iscrizione all’Albo A da almeno 4 anni
- Scuola di Specializzazione (di fatto in Psicoterapia), quadriennale o quinquennale
- 4 anni di esperienza clinica continuativa nel settore per almeno 750 ore all’anno in aziende ULSS, ospedaliere e ospedaliero-universitarie integrate, in strutture private accreditate e convenzionate.
Si tratta di una serie di requisiti molto particolari e stringenti, e che lasciano spazio a diversi dubbi di implementazione.
DUBBI:
Immaginiamo il caso di Francesca, una collega fittizia che si forma a Padova e vuole diventare neuropsicologa.
Terminato un percorso universitario triennale in “Scienze cognitive e psicobiologiche”, prosegue con una laurea Magistrale in “Neuroscienze e Neuropsicologia”, svolgendo nel frattanto tesi triennali e magistrali, e relativi tirocini, in ambito neuropsicologico.
A questo punto svolge un anno di tirocinio in un ambulatorio neuropsicologico, magari impostando un paio di pubblicazioni col suo tutor, e si abilita all’Esame di Stato.
Si iscrive quindi ad un Master di settore (ad esempio quello prestigioso di Padova), formandosi in maniera teorico-pratica ulteriore per un anno in neuropsicologia clinica.
E’ pronta? No, con questi nuovi requisiti Francesca non sarebbe considerata minimamente “a linea guida” per attività di tipo neuropsicologico.
In primo luogo, dovrebbe rimanere iscritta all’Ordine minimo 4 anni (perché non 3 o 5? Sulla base di quale dato concreto viene posto il cut-off esattamente a 4 anni?); ma non basta ancora.
Deve nel frattanto lavorare quattro anni in una struttura accreditata, almeno per 750 ore all’anno, molto probabilmente senza avere grosse possibilità di negoziare un compenso adeguato, dal momento che questa esperienza farebbe parte di un (pur utile) percorso di approfondimento formativo-esperienziale (e sempre che un compenso ci sia, e non diventi uno dei soliti “semivolontariati pluriennali a tempo pieno” di cui la nostra professione è affetta strutturalmente…).
E’ pronta? No, Francesca non è pronta!
In questi ulteriori 4 anni (o dopo, allungando di un altro lustro il suo percorso formativo) Francesca, oltre a “lavorare” o fare la volontaria a tempo pieno in una struttura accreditata, deve anche specializzarsi… in Psicoterapia, pagandoselo da sola.
Il requisito ulteriore della specializzazione in psicoterapia ci lascia alquanto perplessi, perché non stiamo parlando di un percorso quadriennale di Specializzazione in Neuropsicologia specifico, dal momento che in Italia non ce ne sono ad eccezione delle Università di Roma e di quelle di Trieste (a Padova al momento è bloccata)!
Secondo i criteri proposti, servirebbe (e basterebbe)… una qualsiasi Scuola di Specializzazione in Psicoterapia, nessuna esclusa; anche Scuole in cui di Neuropsicologia non si parli nemmeno col cannocchiale!
Scuola che però costa al giovane e speranzoso Neuropsicologo altri 4 o 5 anni, e dai 15.000 ai 20.000 euro circa…
Sia chiaro: la Scuola di Specializzazione è di grande rilievo per chiunque voglia occuparsi di psicoterapia e di clinica psicologica in senso lato; ma in questo caso stiamo parlando di requisiti tecnico-formativo in un settore molto specifico, che poco “c’azzeccano” con un percorso quadriennale in psicoterapia.
Paradossalmente, molti dei neuropsicologi più famosi d’Italia, non sarebbero “a norma” in quanto non specializzati in psicoterapia.
Cosa facciamo, li escludiamo d’ufficio dal novero di coloro che possiedono i “requisiti auspicabili” per svolgere l’attività che fanno e insegnano da decenni?
Sembra quindi più logico, nel momento in cui si valutano dei “requisiti auspicabili”, considerare invece il piano di studi, valutare i master coerenti, valutare le competenze effettivamente acquisite nello specifico settore; e non gravare sulle tasche e sulla vita di chi vuole lavorare come neuropsicologo e già segue un lunghissimo percorso formativo per farlo.
Il fatto che la Sanità pubblica richieda il titolo di Specializzazione per l’accesso ai ruoli di Dirigente Psicologo (cosa di per sé comprensibile), non obbliga però l’Ordine a seguire la stessa logica nel valutare quali siano i requisiti da suggerire per la figura “generale” dello Psicologo operante nel campo Neuropsicologico.
Anche perché proporre questo lunghissimo percorso ai giovani colleghi non corrisponde o implica alcuna particolare possibilità di assunzione nel SSN, in quanto di concorsi da Dirigente Psicologo in Unità di Neuropsicologia se ne sono contati sulle dita di una mano nell’arco di anni…
Se da un lato l’Ordine cerca di promuovere la figura dello psicologo, di tutelarne il campo di azione, di creare occasioni di dialogo a livello politico-istituzionale, dall’altro non rischia così di penalizzare i suoi iscritti proponendo parametri estremamente complessi e sovrapposti, che ritardano significativamente l’inserimento nel mondo del lavoro a fronte di vantaggi formativi non specifici?
QUINDI?
Il Consiglio è prima di tutto un luogo di confronto, a volte anche di scontro. In questo caso, come finora è sempre accaduto, ha vinto il confronto.
Come Consigliera di AltraPsicologia, ho espresso i dubbi qui riportati, e la discussione costruttiva che ne è seguita ha portato il Consigliere Ruzza a prendersi il tempo per valutare le obiezioni e ripresentare il tutto in altra data.
Seguiranno quindi regolari aggiornamenti da parte nostra su quanto accade in merito.
LA TUA OPINIONE CONTA!
Quando mi trovo a discutere o a votare qualcosa che riguarda più di ottomila colleghi, e che ha ricadute concrete sulla loro professione quotidiana, penso a cosa può pensarne un giovane iscritto più che un collega con 20 anni di attività alle spalle; chi a fatica si mantiene con questa professione o chi guarda con soddisfazione agli obiettivi raggiunti.
Se vuoi dire come la pensi, lascia un commento: sarà uno spunto di riflessione a vantaggio della categoria! 🙂
Esiste una figura chiamata specialista in neuropsicologia, è uno psicologo che ha fatto una scuola di specializzazione universitaria pubblica di 5 anni con 750 ore di tirocinio sotto supervisione all’anno in strutture selezionate.
A rigor di logica dovrebbe esser l’unica figura a occuparsi di neuropsicologia, come il medico specialista in nefrologia è l’unico a occuparsi di reni.
Non è una questione di titoli ma di competenze sia teoriche che pratiche acquisite in 5 anni di studi e tirocinio post lauream.
Dal momento che tuttavia ci sono professionisti che si occupano di neuropsicologia da molti anni, da prima che fossero riorganizzate le s.d.s in neuropsicologia (Decreto Ministeriale del 24 luglio 2006) credo che richiedere come requisito quelle ore di tirocinio/lavoro (che a mio avviso dovrebbero essere per 5 anni come nelle scuole pubbliche) sia per “uniformarsi” a chi è specialista in neuropsicologia.
Un po come dire che se il medico neurologo si è occupato per almeno 750 ore all’anno (per 5 anni) di oculistica può fare anche le visite oculistiche pur non essendo oculista.
Del resto non si può dire a chi si è occupato di neuropsicologia fino a ieri di cambiare lavoro, credo sarebbe stato scorretto.
La questione di essere psicoterapeuta deriva dal fatto che il neuropsicologo, a differenza del testista, spesso si trova a intervenire su persone, non solo su funzioni cognitive, e che spesso nella gestione dei disturbi comportamentali, ad esempio post cerebrolesione, si trova a utilizzare tecniche proprie della professione dello psicoterapeuta.
PS: Le scuole di specializzazione universitarie in neuropsicologia al momento attive non sono solo 2 ma 4, oltre a Roma e Trieste ce ne sono 2 a Milano (Bicocca e San Raffaele).
Saluti
Vista la molteplicita’ di percorsi tramite i quali si arriva a fare il neuropsicologo suggerirei di prendere in considerazione pubblicazioni scientifiche e dottorato di ricerca (se pertinenti) come titoli validi per dimostrare una effettiva competenza nel settore.
a sto punto faccio il percorso per diventare neurologo, mi leggo qualche libro di Freud e poi guadagno il quintuplo, prescrivo o non prescrivo in base alle necessità, mi studio un pò di test e chiuso…. e guardo tutti dall’alto in basso scusate…. me pare na cazzatella sinceramente
Sono assolutamente d’accordo.
Mi sento un po’ come la suddetta Francesca, ho appena terminato il mio tirocinio annuale in una struttura che mi ha reso autonoma nella valutazione e nell’implementazione di programmi riabilitativi. Con questo non intendo dire di essere già arrivata, anzi, ma ho assunto tutti gli strumenti necessari ad iniziare un percorso lavorativo che sia al contempo formativo. Ovvero, continuare a imparare, fare esperienza, arricchirsi di casi clinici ASSOLUTAMENTE Sì, ma continuare a farlo gratis, PERCHé?
Inoltre volevo ricordare l’estrema difficoltà nel trovare un volontariato nel campo della neuropsicologia cinica. Io ho già mandato molte richieste e per ora ho trovato solo un istituto di ricerca. La mia passione e la mia prima attitudine però è la clinica, guardare il paziente negli occhi, inferire le sue difficoltà, interagire in un sistema complesso. Un lavoro che ho imparato a fare in un anno di “illusione” nel quale mi sembrava di aver finalmente ottenuto quello che volevo. Invece questi criteri sono irrealizzabili sia dal punto di vista temporale (va bene che la formazione è continua, ma io preferirei iniziare a fare questo lavoro ora che ho 26 anni e tutte le energie, le motivazioni necessarie).
Non è abbastanza sacrificare sogni e ideali di famiglia, vacanze, regali, relazioni per potersi formare.. qui sembra non essere mai abbastanza niente.
La scuola di psicoterapia non è assolutamente inutile in questo lavoro, ma il fatto di renderla un criterio essenziale mi sembra un po’ ipocrita e sospettoso, soprattutto perché si parla sempre e comunque di 20.000 € che chi non ha ancora potuto lavorare, COME FA AD AVERE? Io questo continuo a chiedermelo.
Io vorrei assolutamente potermi specializzare, ho lavorato un anno in questo settore e so bene che più competenze hai meglio fai il tuo lavoro. Il mio sogno è di poter continuare a lavorare e formarmi in questo settore. Si accetta tutto, si accetta lo stipendio che ormai è meno di quello di un cameriere, pur di fare il proprio lavoro. Ma non è mai abbastanza. Sembra che vogliano ucciderci i sogni, le speranze, la motivazione. Non basta laurearsi con il massimo dei voti, essere disposti a fare mille lavori, essere disposti a spendere una cifra inaudita per una scuola. Qui non c’è certezza per nessuno e vanno avanti sempre i soliti: quelli con possibilità economiche e quelli che hanno conoscenze.
Come si può fare per interrompere questo loop distruttivo? Io spero che prima o poi si prenda atto che quella del neuropsicologo è una figura importante, in crescita e che necessita di una sua legislazione e forse anche di una certa autonomia perché questi vincoli non hanno proprio senso. Dateci la possibilità di imparare lavorando, e non solo illudendoci di saper fare un lavoro che non faremo mai.
Sabrina
Ah dimenticavo di aggiungere una questione importante.
Ora che sto cercando lavoro e vagliando molti avvisi di selezione trovo spesso offerte di lavoro per figure professionali che si sovrappongono molto a quella di neuropsicologo. Ho trovato offerte per educatori professionali per fare gruppi di stimolazione cognitiva per anziani, ho trovato offerte per logopedisti che potessero fare valutazioni neuropsicologiche. Inoltre il logopedista ad oggi in moltissime strutture anche molto serie si occupa della valutazione e della riabilitazione dei disturbi acquisiti del linguaggio (in alcune strutture anche della riabilitazione di altre funzioni cognitive).
Io sono per la collaborazione, per la stima reciproca con altre professionalità. Ma se questi sono i risultati, se operatori con una laurea triennale possono fare lo stesso nostro lavoro, allora dico che i criteri per potersi definire neuropsicologo, ovvero per avere il permesso di valutare, stendere relazioni, implementare programmi riabilitativi, sono assolutamente restrittivi per chi si è formato per 6/7 anni in ambito neuropsicologico senza ottenere un minimo ritorno.
Sabrina
mi chiedo come sia possibile anche solo pensare di inserire tra i criteri “necessari” per lo svolgimento di una professione sanitaria l’abilitazione presso una scuola di formazione che sia, ed è, esclusivamente privata e non vincolata a procedure e standard definite dal sistema sanitario nazionale. Forse dovremmo chiederci dove vogliamo andare come classe di professionisti e iniziare a pensare a percorsi precisi che identifichino già dall’iscrizione all’università il futuro professionale, che trovi poi un preciso riscontro nella realtà degli ospedali, dei centri di riabilitazione, perché mi sembra che i criteri proposti vengano dalla fantapsicologia e giusto per il vezzo di potersi definire tali sulla targa da appendere fuori il proprio studio.
Il punto è che lo specialista in neuropsicologia ha studiato 5 anni, è abilitato all’esercizio della psicoterapia, ha studiato materie, necessarie a svolgere attività di neuropsicologo, che all’università non vengono quasi per nulla insegnate (in primis neuroradiologia e farmacologia, ma non solo) e soprattutto ha 5 anni di esperienza sotto supervisione di un neuropsicologo certificate.
Perché nessuno si lamenta che dopo 5 anni di psicologia non si può fare lo psicoterapeuta?
Che poi i posti nelle scuole di neuropsicologia siano ancora pochi è vero, è vero che sia un’ingiustizia che quasi mai si viene pagati per la formazione specialistica e, aggiungo io, 5 anni sono troppo (ne bastavano 4 come una volta).
Ma non si può pensare che dopo 5 anni di psicologia e due esami di neuropsicologia si possa fare il neuropsicologo.
Credo che questa proposta dei criteri sia infelice, ma l’alternativa era riservare la neuropsicologia ai soli specialisti medici in neurologia e psicologi in neuropsicologia, lasciando a casa tanti validi professionisti che se ne occupano da anni.
PS: c’è anche un altro motivo per cui si richiede la specializzazione ed è che altrimenti si sarebbe tagliati fuori dalla quasi totalità dei concorsi pubblici e il neuropsicologo nella maggioranza dei casi lavora proprio nel pubblico.
Grazie per il confronto. Sicuramente c’è la necessità di garantire le competenze, di definire una figura, di trovare criteri sensati, di favorire l’inserimento nel mondo del lavoro, di confrontarsi con le logiche del pubblico e c’è anche il problema che 2 o 4 scuole sono comunque poche. Ci aggiorneremo sugli sviluppi.
Vorrei allacciarmi al parallelo con i medici fatto da Edoardo perché secondo me potrebbe dare uno spunto per il futuro della specializzazione. Infatti esistono già da molti anni per alcune specialità mediche delle strutture pubbliche o anche private accreditate, convenzionate con un’università, dove un giovane medico a contratto, dopo aver lavorato regolarmente per tot ore (a tempo pieno circa 4 anni), ottiene il titolo in quella specialità, equivalente a chi fa il percorso classico tramite università (che poi son comunque 4-5 anni) in ospedale universitario. In questo modo l’università non deve mettere in piedi una vera e propria scuola (costosa), si limita a fare qualche controllo per garantire che la struttura convenzionata fornisca effettivamente un’esperienza e una formazione, anche esterna, sufficiente. Da parte sua, la struttura, pubblica o privata, paga di tasca propria il medico, ottiene prestigio e diventa più appetibile. Io lavoro in una struttura così e vedo diversi medici che ottengono il titolo di geriatra senza fare un’ora post-lauream in università. Non si potrebbe fare la stessa cosa per noi aspiranti neuropsicologi?
Questa però, come anche l’apertura di altre scuole di nps come quelle esistenti, è una possibile prospettiva per il futuro, che interesserà forse i futuri neuropsicologi.
Torniamo alla realtà. Esistono solo 4 scuole che rilasciano il titolo. Semplicemente ridicolo. Fa ancora più ridere che spesso queste scuole fanno anche fatica a reperire studenti. E ti credo, anch’io quando ho scelto la specializzazione l’avevo considerata. 5 anni, costi paragonabili a certe private, lezioni infrasettimanali che non ti permettono di lavorare sul serio, ore aggiuntive per ottenere il titolo di psicoterapeuta, l’unico riconosciuto dalla legge. A parte il fatto che mi pare un percorso per ricchi, ma tanto ormai la psicologia questo è diventato, vorrei porre l’attenzione sul fatto che attualmente il titolo di specialista in neuropsicologia non è legalmente riconosciuto come vincolante per una particolare classe di azioni professionali (come invece le specialità dei medici). Questo è pesato fortemente, insieme alle altre condizioni soprascritte, sulla mia decisione di non vendermi un rene per fare quella scuola, altrimenti forse… In nessun modo ora retroattivamente si può pensare di modificare queste condizioni, sarebbe una violenza legalizzata. Ripeto, magari avrà senso questo vincolo per i futuri colleghi, a patto che lo si dirà loro chiaramente, prima di scegliere, e si darà loro un percorso umano e un numero di posti sufficienti. Per chi invece già lavora, servirebbe una sanatoria fatta per bene. Il criterio della laurea mi pare scontato. Mi sta bene il criterio dei 4 anni in una struttura pubblica o privata accreditata che certifichi attività di neurops. So che spesso è difficile accedervi e molti la praticano in privato, ma del resto bisogna pur garantire in qualche modo che uno nella vita la neurops la fa davvero. Mi basta anche un certificato firmato dal primario… Perché altrimenti, se andiamo di fiducia con l’autocertificazione, scommetto che si dichiarano tutti neuropsicologi. Penso che tutti i “vecchi” grandi della neuropsicologia abbiano lavorato almeno 4 anni in un ospedale o similare. Come alternativa, il dottorato è un po’ rischioso, da solo non attesta reali competenze cliniche che deve avere uno specialista da ospedale, anche se sicuramente qualcuno le ha sviluppate. Stesso discorso per il tirocinio formativo post-lauream (che io pure, come tanti, mi sono smazzato tutto in nps), perché spesso è un’incognita. Non trovo accettabile invece il criterio della scuola di psicoterapia. Anche se la sto facendo, è per altri motivi, di neuroscienze manco l’ombra alle lezioni. Tra l’altro ho notato che stanno spuntando come funghi certe scuole private che millantano un presunto indirizzo cognitivo-neuropsicologico. Ora, io sono stato agli open day di un paio di queste… se pensano che bastino 3 weekend l’anno per diventare neuropsicologi, partendo da 0 (perché ovviamente non è requisito d’iscrizione una laurea magistrale in nps), sono ancora più ridicoli. Io le ho evitate perché sarebbe stata una ripetizione molto soft dell’università. Piuttosto allora, come qualcuno ha già scritto, è preferibile un percorso universitario specifico nell’ambito delle neuroscienze. Però torniamo al problema della scelta retroattiva, i percorsi di laurea in quest’ambito ormai sono ben diffusi per chi vuole accedere oggi, ma non lo erano 15 anni fa.
Altra possibilità, togliamo tutti i requisiti e facciamo un bell’esamone tipo quello di stato, che verta su teoria ma soprattutto pratica clinica, per chi vuole accedere, ma so già che non è fattibile.
Quindi in sostanza toglierei il terzo punto e manterrei la sanatoria fino al giorno in cui, come dicevo all’inizio, sia davvero possibile fare diversamente.
Infine, sulla scia di quanto diceva Sabrina, consiglio all’ordine di farsi sentire nell’applicazione della legge 56/89, già in vigore da secoli, rispetto all’uso degli strumenti. Magari redigendo, nero su bianco, un elenco di tutti i test e gli strumenti psicologici e neuropsicologici di nostra esclusiva competenza, così da fare un po’ di chiarezza (non è forse esattamente ciò che fanno i medici con i farmaci e le loro procedure chirurgiche?). Altrimenti davvero, tanto valeva fare una triennale qualsiasi.
Grazie Alecs per il tuo punto di vista, esplicativo e pragmatico 🙂 Mi sarà utile
che Laurea di cacca Psicologia.
Faccio prima a fare medicina e diventi Neurologo altro che 4 anni,poi specializzazione,poi 4 anni di esperienza poi….
Per essere considerato un medico di serie C 😀
ma per piacere!
Per non parlare della triennale o di Scienze dell’Educazione/Formazione HAHAHAHAHAHA
evviva
vorrei scrivere anch’io sull’argomento perchè penso di essere uno di quelli psicologi che hanno sempre creduto nella neuropsicologia e che da ormai 15 anni l’utilizzo come corollario e base per la terapia neuroanalitica o psicoanalitica con basi psicologiche o biopsicologia o…Coma vedete è molto difficile dare delle informazioni e delle definizioni che giocano strano per chi non ha vissuto queste fasi archeo che poi si sono stabilizzate in tentativi di codificare secondo standard e rigidità spesso burocratizie. Io mi interessavo di neuropsicologia già all’università negli anni settanta quando era dicotomico o facevi “lo sperimentale” o facevi il “clinico”. Cinque esami di matematica a psicologia non ti permettevano nemmeno di fare supplenze a scuola, mentre un solo esame di questa a biologia ti abilitava ad insegnare. La clinica all’università poi era un’accozzaglia di testi e tests senza nessuna esperienza pratica. Allora ho frequentato parallelamente l’unico corso di formazione clinica che esisteva, ma era privato,anche se riconosciuto dall’accademia tiberina di roma associata al vaticano e dalle associazioni degli psicologi svizzeri ed americani, e dopo un triennio con esami e un biennio di perfezionamento con esami il tutto era riconosciuto ai concorsi meno di una settimana di accompagnamento ad un cieco, scusate ad un non vedente! Certo che allora nel 1976-78 interessarsi degli effetti del testosterone sull’attenzione era un po’ da fuori di testa. E peggio ancora parlare di riabilitazione del trauma cranico e di recupero di funzioni cerebrali negli anni ’80, dove finalmente la psicologia aveva scoperto la specializzazione clinica e chi mi aveva preparato, ormai anziano non se l’è sentita di entrare in quella bolgia di scuole e controscuole che assicuravano il Verbo della terapia. Rimane il fatto che l’esperienza me la sono fatta da solo, con 4 o cinque psicoanalisti di varia scuola (kleiniana, annafreudiana, sigmundfreudiana e perchè non convinto lacaniana) ma siccome la supervisione didattica era come l’iscrizione ad un partito mi sono sempre più avvicinati alla mamma della psicoanalisi che è Ferenczi. Per essere in ordine con la burocrazia del Neuropsicologo, visto che la esperienza di psiconeuroendocrinologia era diventata una branchia puramente medica, ho anche pagato e mi sono iscritto al !° master di 2°livello di neuropsicologia dei disturbi cognitivi acquisiti. Praticamente una alzeihmerologia, visto che avrebbero avuto bisogno di psicologi nelle case di riposo, ma solo gente giovane da pagare poco. Il problema era che potevi esser solo o neuropsicologo o psicologo clinico dichiarare entrambi creava doppi nemici. Io già ero eretico come psicoanalista e quindi mi tenevo distante dai consessi dei colleghi, la neuropsicologia era ancora nel privè di pochi centri altamente specializzati. Finalmente ho scoperto nel 2003 che qualche matto, sopratutto americano parlava di neropsicoanalisi, allora mi sono sentito meno visionario. Quando poi tentavi di leggerci qualcosa vedevi gran diatribe sull’attenzione e sulla memoria e per ottenere qualcosa di diverso più pratico dovevi rivolgerti ancora al comportamentismo che però aveva cambiato nome e si dichiarava cognitivo comportamentale. Intanto sono arrivati i miei 60 anni e quindi sono fuori gioco e continuo anche a mantenermi ai margini perchè per fare esperimenti ed essere seri occorrono soldi e sopratutto un asservimento a dei poteri che ancora ci capiscono poco. Una bella discussione quella che ho letto ma vecchia e poteva essere valida almeno dieci anni fa, ora se volete prepararvi dovreste pensare che comunque è un approccio clinico che non tiene conto del futuro prossimo di una tecnologia di basso costo che introdurrà una realtà virtuale ed una analisi della realtà emotiva che comunque sarà veramente utilizzabile dal terapeuta che conosce profondamente sè stesso. Chi prepara e sui cosa prepara? Parliamone. Io ho sempre avuto critiche se scrivevo neuropsicologo psicoterapeuta, perchè esiste sempre un personaggio più “saputo” degli altri che sarà vigile paladino della burocrazia e della sua ignoranza, per cui un saluto a tutti da uno psicologo psicoterapeuta(forse non potrò più visto che sono in art.35 della Legge 18 febbraio 1989 n°56: non ho frequentato i quattro anni delle nuove scuole e quindi come faccio ad essere neuropsicoterapeuta se devono ancora burocratizzare e lottizzare il settore?)
Leggo solo adesso l’articolo e vorrei ulteriori delucidazioni in merito alla figura del neuropsicologo…e ringrazio sin da adesso chiunque in qualche modo può aiutarmi. Sono una psicologa (non psicoterapeuta!) iscritta all’ordine della regione Sicilia da oltre 4 anni, ho fatto diversi corsi di alta specializzazione in neuropsicologia e da oltre 3 anni collaboro professionalmente presso il reparto di neurologia di un’azienda sanitaria pubblica siciliana, con all’attivo 3500 ore certificate di lavoro in reparto. Conosco bene e ho somministrato innumerevoli volte strumenti inerenti la valutazione di demenze, declino cognitivo e simili. Posso considerarmi una consulente in neuropsicologia o serve altro???
Ciao Loredana scusami ma per lavorare per un’azienda sanitaria pubblica nel reparto di neurologia che requisiti sono chiesti?e come si accede?tramite concorsi?
Grazie
Buongiorno colleghi,
io credo che anche il titolo di laurea magistrale sarebbe un ulteriore criterio da considerare. Ad esempio, che come me ha fatto neuroscienze/neuropsicologia dovrebbe a mio avviso avere una valutazione diversa da chi ha fatto ad esempio psicologia clinica, in cui non sono previsti esami specifici come neurologia, neuroimaging, svariati esami di neuropsicologia ecc ecc. Credo che almeno questi 2 anni potrebbero essere tenuti in considerazione.
Inoltre se uno ha sempre praticato come libero professionista, perché per i noti motivi non ha avuto la possibilità di lavorare per un istituto pubblico o comunque riconosciuto dai criteri (per la qual cosa devi avere già il titolo di psicoterapeuta quindi finchè non ce l’hai non puoi fare nessun concorso), perché non gli deve essere riconosciuta la possibilità di acquisire il titolo?
SENTITE QUESTA E CAPIRETE COME IL MONDO GIRA AL CONTRARIO. ANNI FA HO PORTATO MIO FIGLIO IN OSPEDALE PER UNA LIEVE FRATTURA AL DITO. SI E’ PRESENTATO UN TIZIO SPACCIANDOSI DA DOTTORE (ROBA DA DENUNCIA). LA COSA ASSURDA E’ CHE PER UNA ASSURDA LEGGE CHI ERA PORTANTINO SI E’ TROVATO DI COLPO ( NON SO CON QUALE CRITERIO )AD ESSERE INFERMIERE. QUINDI QUEL L’ EX PORTANTINO DIVENUTO INFERMIERE SI E’ SENTITO PERSINO DOTTORE. FORTUNATAMENTE L’ ABITO NON FA IL MONACO E GRAZIE AL MIO INTUITO PORTAI VIA MIO FIGLIO NON DANDO RETTA A QUELL ‘IMPOSTORE . ORA SE VOLETE FARE IL CHIRURGO VEDRETE CHE PRIMA O POI VI CONSIGLIERANNO DI FARE TIROCINIO IN UNA MACELLERIA COSI’ SARETE IN GRADO DI TAGLIARE BENE LA CARNE DELLA GENTE. CONCLUDENDO ORA CAPITE A CHI SERVIREBBE UN BUON NEUROPSICOLOGO ? ………………… A CHI FA LE LEGGI.