
Cominciamo oggi ad essere gli psicologi di domani. di Marzia Cikada
14 Novembre 2013
AUDIO di broglio elettorale all'Ordine Psicologi Sicilia: AUPI che dici?
15 Novembre 2013Molti psicologi constatano ogni giorno che il mercato del lavoro è difficile.
Alcuni attribuiscono la mancanza di lavoro ai committenti che ‘non capiscono quello che uno psicologo potrebbe fare’.
Vero, purtroppo: la gente non sempre capisce a cosa servano gli psicologi. Ma è altrettanto vero che spesso la nostra professione non sa porsi sul mercato del lavoro, non ne comprende le logiche e le esigenze. In questo articolo proverò ad evidenziare con alcuni esempi gli errori che vedo più comuni.
Alzi la mano chi non ha mai sentito una di queste frasi…
- “Sono andata a fare il colloquio per quel posto di selezione nelle Risorse Umane, ma non mi hanno presa ed hanno preferito un laureato in scienze politiche, ti rendi conto ? E poi mi hanno fatto tutte quelle domande sul diritto del lavoro e l’organizzazione aziendale, ma io che ne so ? Mica è qualcosa che ho studiato, io faccio selezione…”
- “Al posto mio hanno scelto un Consulente del Lavoro. Pensa te, un consulente del lavoro per gestire le risorse umane, ma che ci fa un Consulente del Lavoro in un’azienda?”
- “Ho mandato il mio curriculum ad almeno 100 tra Comunità e Cooperative, nel CV ho scritto che ero disposta a fare davvero qualunque cosa, e mi hanno risposto solo in due, per dire che “non hanno bisogno”… vabbè, ora ne preparo altri 100…”
- “Ho partecipato alla selezione per quel posto nelle ricerche di mercato, ma alla fine a fare i colloqui qualitativi mandano un laureato in statistica, ti rendi conto ? Cosa ne sa lui di colloqui ? Probabilmente quanto ne so io di psicometria…”
- “Ho girato almeno cinque farmacie, mi hanno detto che negli ultimi tempi sono già andati un sacco di psicologi a portargli il curriculum, e a chiedere se gli facevano fare qualcosa… che delusione, ero disposta ad accettare anche di dargli una percentuale e di fare io tutta la promozione…”
- “In quella Scuola mi hanno chiesto di mandargli un progettino, per spiegare cosa intendevo fare; gli ho scritto una pagina in cui gli ho detto chiaramente che l’obbiettivo del lavoro era “migliorare il benessere”, e gli ho inserito anche tutti i riferimenti bibliografici delle teorie biopsicosociali. Mi sa che non l’hanno letto…”
Quale è il problema strutturale, in ciascuna di queste situazioni?
Dove è che sbagliano i colleghi che attuano queste strategie?
Quali carenze e aspettative irrealistiche hanno?
Alzi la mano chi, invece, ha mai sentito una di queste:
- “Sono stato alla Fiera dell’Educazione; con la mia collega ho affittato uno stand che ci è costato un po’, ma ho portato con me tutte le schede di lavoro educativo che ho sviluppato in questi mesi, ed ho girato per ore a far giocare con le mie attività di stimolazione cognitiva tutti i responsabili di Cooperative che erano negli altri stand…. Ad alcuni sono piaciuti tanto, ci siamo scambiati i recapiti, e mi hanno richiamata già in tre, per vedere se possiamo avviare qualcosa insieme…”
- “Ho smesso di pubblicizzarmi come CTP nei gruppi Facebook di psicologi… in fondo, perché dovrei pubblicizzare iniziative psicologiche ad altri psicologi ? Adesso vado nei gruppi di avvocati, medici legali, etc., ed ho riscontri migliori…”
- “Invece di mandare a caso un CV uguale per tutti, adesso prima di tutto faccio una breve ricerca sulle attività che propone una data Cooperativa, e propongo loro un progetto di consulenza tecnica sulle aree che interessano loro di più… certo, ci metto un pomeriggio intero invece che cinque minuti come prima; ma appena capiscono che so bene di cosa parlo, so in dettaglio che cosa fanno, e non mi sto limitando a spedire curriculum a caso sperando che qualcuno mi chiami, il loro atteggiamento cambia…”.
- “Quando vado in una Scuola a proporre un progetto, prima verifico l’esistenza e accessibilità di fondi del Fondo Sociale Europeo con cui la Scuola potrebbe cofinanziare l’eventuale progetto, e nei casi più interessanti preparo già io una prima bozza di documentazione per facilitare l’eventuale lavoro di richiesta al FSE… da quando faccio così, i Dirigenti mi ascoltano molto più volentieri”.
- “Prima di proporre un progetto faccio sempre una definizione degli obbiettivi specifici, una sintetica analisi di budget anche per evidenziarne l’efficienza e il ROI atteso, una semplice SWOT ed un Gantt, per riuscire a organizzarmi meglio, aiutare il committente a comprendere esattamente come intendo procedere, e come impatterà sulla sua organizzazione. Il tutto scritto in italiano, e non in psicologhese. Da quando faccio così, i committenti capiscono che sono un professionista e che parliamo la stessa lingua…”
Riconoscete le differenze?
Quali sono i punti di forza di questo atteggiamento professionale?
Nella prima casistica, lo psicologo mantiene al centro della sua attenzione solo sé stesso, crede che “basti la psicologia per lavorare come psicologo”, e concretizza una visione per cui deve “andare a chiedere agli altri di farlo lavorare, per favore”.
Nella seconda casistica, il punto di vista adottato è quello del committente. La realtà viene rovesciata, e finalmente viene letta secondo le lenti, i linguaggi e le prospettive reali del mondo del lavoro, con il professionista che si propone come un creatore di servizi, usando linguaggi e competenze economico-normative.
Il cambio di logica è profondo: richiede un impegno attivo e l’uso di competenze tecniche extrapsicologiche, che troppo spesso i giovani psicologi ritengono erroneamente secondarie.
AltraPsicologia crede fermamente nella qualità professionale.
Questa è la vera promozione.
Solo passando come categoria verso una logica proattiva, imprenditoriale, fortemente arricchita di competenze extrapsicologiche di diritto, economia, project management, la situazione professionale dei giovani colleghi potrà iniziare a migliorare.
Su questo gli Ordini possono e devono fare tanto: fornire competenze trasversali e una forma mentis che trasformi il neoabilitato Psicologo in un Professionista della Psicologia è un sfida primaria. Per questo obbiettivo non basta fare un incontro o una conferenza occasionale, occorre immergersi pienamente nell’esperienza professionale e una formazione che solo gli ordini possono organizzare senza dissanguare gli psicologi.
La proposta di AltraPsicologia è quindi forte:
- L’istituzione di un vero e proprio “boot camp” intensivo per lo startup professionale, tenuto più volte nel corso dell’anno, cui partecipino regolarmente tutti i neoiscritti all’Ordine Veneto; in cui acquisire, esperienzialmente e gratuitamente, le competenze necessarie per muoversi in maniera molto attiva e consapevole nel mercato del lavoro.
- 4 giorni di formazione intensiva, dedicati proprio a sviluppare le competenze extrapsicologiche che non sono mai state viste all’Università, e che rappresentano il cuore dell’attività professionale di un giovane psicologo.
- 4 giorni in cui l’Ordine si presenta ai neoiscritti, li accoglie, si fa conoscere; e a sua volta li conosce e integra attivamente nella Comunità Professionale, inserendoli in reti di professionisti.
- 4 giorni a contatto con colleghi senior, per socializzarne le esperienze, e che vogliano ripensare e ampliare le proprie prospettive professionali, arricchendole non solo dell’ennesimo contenuto “psicologico”, ma prima di tutto di ciò che serve davvero per poter lavorare facendo psicologia.
- 4 giorni di argomenti trasversali ed extra-psicologici da sperimentare con esercitazioni di gruppo, lavori personali, seminari tecnici, e bene integrati in un percorso concettuale coerente: Introduzione al mercato professionale ed alla demografia degli psicologi italiani; Ordine, ENPAP e istituzioni della professione; Aspetti fiscali e assicurativi della professione; Aspetti operativi della Deontologia; Marketing dei servizi psicologici; Modelli di business professionale nei diversi contesti psicologici; Tecniche di progettazione professionale; Project financing, europrogettazione, project management.
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