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Durante le belle giornate di sole è possibile trovare in ogni giardino delle formiche operose che viaggiano insieme trasportando cose per loro pesantissime e riuscendo a costruire in gruppo dei cumuli simili a montagne, i loro formicai, in cui lavorano e vivono. Le formiche sono tante, tutte dedite alla vita sociale. Tutte attive. Non si può dire la stessa cosa degli psicologi.

La situazione infatti per molti non è appagante: alcuni psicologi sono inseriti dove serve, operano con passione e dedizione, ma pochi sono riconosciuti con una retribuzione adeguata.

Questo è un lato della medaglia.

L’altro lato vede gli psicologi assenti in quella fascia di mercato in cui c’è una richiestache ha bisogno di un’energia e di una pubblicità mirata e strutturata per essere soddisfatta. Accade, quindi, purtroppo che la domanda ci sia, ma venga accolta il più delle volte da altre professionalità (ad esempio coach, filosofi, counselor…).

Vista la situazione possiamo percorrere due strade:

  1. definire cosa è di competenza esclusiva dello psicologo facendo unamodifica di legge (si vedano gli articoli nella sezione apposita del sito di AltraPsicologia http://www.altrapsicologia.com/tutela-psicologo/);
  2. puntare sulla promozione delle competenze dello psicologo.

Per arrivare a destinazione, ossia per creare un altro-psicologo, occorre percorrerle entrambe. La prima, infatti, è una strategia di difesa perché si concentra a spiegare l’essenza stessa dello psicologo e le sue specificità creando una pista di lancio su cui partire; la seconda, invece, implica un attacco, un’azione che vede ogni psicologo impegnato a farsi conoscere nel campo e tra la gente.

Questo processo di individuazione dello psicologo deve essere accompagnato, sostenuto e promosso dagli Ordini Regionali perché ci si può consolidare e rafforzare innanzitutto grazie alla presenza di luoghi chiave aperti (reali o virtuali) in cui gli psicologi possano non solo riconoscersi, ma anche conoscersi e condividere idee e progetti da realizzare insieme.

Ma… c’è un ma…

La realtà ci mostra, invece, come ci sia un’impasse“mentale” difficilmente superabile.Sembra infatti che gli psicologi (probabilmente anche quelli che ci rappresentanoall’interno dell’Ordine del Veneto) vogliano proteggere l’icona “perfetta” della loro professionalità (caratterizzata dallo stile, dalla pacatezza, dall’osservazione e marginalmente vincolata dalle dinamiche della politica) senza imbrattarla per adattarla alle esigenze della quotidianità e della società. Come se in realtà non si volesse disonorare la propria immagine. Questa è un’assurdità: non viviamo in un mondo ideale, in un empireo lontano e distante dal Pianeta Terra.

Ed è un concezione di sé limitante, di cui dovremmo consapevolizzarci e su cui dovremmo riflettere perstimolare in noi stessi l’apertura a nuove possibilità evolutive.

E’ vero che gli psicologi che oggi cercano di inserirsi nel mondo del lavoro sono figli dello spirito del tempo in cui si sono formati, ovvero dell’università e di tirocini teorici che sono lontani dall’apprendimento pratico. Ma è vero anche che sembriamo di fronte ad un paradosso: come professionisti ci si offre di aiutare gli altri ad elaborare, ad accettare per cambiare e vivere meglio, ma si fatica ad emanciparsi da una concezione che non trova uno spazio fisicoe mentale per un ingresso operativo nel mondo professionale.

Gli psicologi sembrano essere “vittime”della loro immagine perfetta e poco flessibile, che non ha bisogni “in carne ed ossa”e che quindinon consente di nutrirsi né, di conseguenza, di crescere. La nostra categoria sta introiettando sottomessa questo ruolo “angelico” preconfezionato e non cerca soluzioni alternative per presentarsi in modo differente.

Vi ricordate il film “Matrix” in cui al protagonista veniva chiesto che tipo di vita decidessedi vivere? La scelta era tra una vita vera e difficile, ma sicuramente attiva ed avventurosa, e una vita sicura, bella, ma finta. Ho l’impressione che gli psicologiche vogliono lavorare con la “vita vera” abbiano una certa reticenza a fare del bene per denaro perché vivono la diffusione promozionale e il guadagno come un imbroglio o uno sfruttamento della sofferenza altrui.

E invece bisognerebbe iniziare a mettere un con-fine. Si deve mettere la parola fine alla “svendita” degli psicologi o al “volontariato” a tempo indeterminato per tentare di emergere: la situazione non può migliorare se non è la categoria a cambiare per prima, Ordine del Veneto compreso. Sarebbe importante e necessario che ci si focalizzasse di più sulleproblematiche pratiche trovando idee originali per ridurre la distanza tra gli psicologi e l’Ordine, e la distanza tra le problematiche quotidiane della gente e gli psicologi.

Bisogna mettere in contatto la psicologia con la realtà, facendola uscire dai libri. Gli psicologi per primi devono farlo.  E se desiderano essere più influenti perché la strada che percorsa fino ad ora è poco vantaggiosa, occorre provare a fare qualcosa che non è ancora stato fatto con risolutezza.

Per costruirsi una posizione nel mondo del lavoro va presa una posizione chiara, netta e coraggiosa. Non si tratta di recitare una parte o di sentirsi finti perché si interpreta un modello come fanno alcuni coach che risultano poco realistici.

Bisogna, semplicemente, personificare noi stessi.

Credo che iniziare a pensare a come modificare l’atteggiamento e il modo in cui ci si propone possa essere il primo passo.

E voi cosa ne pensate? Sapete coniugare teoria e realtà? Sapete che lavoro fate o volete fare? Avete un obiettivo chiaro da raggiungere o costruire?

Mi piacerebbe sentire la vostra opinione.